Una nuova storia, si sa, richiede una buona dose di fantasia, specie se non è autobiografica. Quindi è naturale non trovare subito l’ispirazione, specie se non sono accaduti episodi particolari da cui prendere spunto.
Tuttavia l’altro giorno mi è capitata una strana avventura che posso tranquillamente definire “storia”, per via del finale, un misto tra sorpresa, spavento e gioia. Infatti è così quando una ti chiede di sposarla, dopo aver visto le mie foto su internet. Ma cominciamo dal principio.
Era domenica, una di quelle belle giornate soleggiate di fine autunno, quando decisi di prendere la macchina fotografica e l’automobile e girare un po’ di luoghi nei dintorni della barena veneziana. Partii da casa verso le tre del pomeriggio, in tempo per beccare il sole al tramonto che in questa stagione avviene piuttosto presto. La direzione che presi non mi portò subito alla laguna, ma in un centro commerciale dove dovevo assolutamente acquistare un deodorante per auto, dopo che più di un litro d’olio per motore mi si è rovesciato nel bagagliaio.
Successivamente, risalito in macchina, imboccai la tangenziale, che stranamente era libera, e presi l’uscita seguente. Dopo qualche minuto, girovagavo senza direzione nelle vie di Campalto, cercando inutilmente di trovare un posto adeguato per le foto che volevo scattare. Il sole scendeva veloce, troppo in fretta per i miei gusti. Guardavo con insistenza il cielo attraverso i finestrini della macchina e quasi non tamponai un’auto che mi precedeva.
Ad un tratto vidi una rotonda e scelsi la prima strada a destra: oltrepassato un ponte, sbucai su uno spiazzo dove c’era una trattoria e un simpatico molo molto caratteristico. Percorsi pochi passi, arrivai al limite del molo dove mi posizionai con l’attrezzatura: cavalletto spianato e macchina montata con teleobiettivo in perfetto controluce. Sappiamo bene che le fotografie in controluce sono di difficile realizzazione, dal momento che l’esposimetro della macchina tende a sottoesporre, visto che sta puntando il sole. Quindi bisogna per forza sovraesporre di qualche stop e bilanciare così il tutto.
Ma stiamo andando fuori tema. Dicevo, andai a scattare qualche foto lì in quel molo. Dopo che il sole fu tramontato tanto da rendere il cielo quasi nero, mi spostai verso il centro, dove mi aspettava (o forse il contrario) il mio amico Jacob detto Jack e la sua donna, anche se egli non la chiama tale ma tutti sappiamo che è così e sempre così sarà. Così feci un giro per la Piazza e dintorni. Qualche momento dopo aver salutato Jacob e signora e aver fatto loro gli auguri di buone feste, tornai verso la macchina, direzione stazione ferroviaria.
L’aria fredda della sera mi fece bene. Passeggiai come facevo in passato, anche se nulla è come allora. Saranno ormai passati una ventina d’anni da quando, bambino, correvo avanti e indietro per quella strada, ammirando tutte le vetrine addobbate per le feste natalizie. C’erano moltissimi negozi e le luci con le scritte sopra la strada mi facevano gli auguri di buon natale. L’atmosfera natalizia era resa ancora più evidente dall’allestimento dei reparti nel centro commerciale in centro città. Al quinto piano c’erano i giocattoli. Ogni anno, nel periodo di natale, veniva costruita una città con il Lego, diverse piste per i modellini di auto e quello che io amavo di più: la pista per il trenino. C’erano gallerie, ponti, stazioni, fiumi e quant’altro. Passavo intere ore ad osservare tali meraviglie che dimenticavo tutto il resto.
Ora, per quella strada, ci sono ancora le luci natalizie ma mancano i negozi e i loro addobbi. Abbondano invece gli internet point gestiti perlopiù da indiani e arabi. Poi ci sono anche moltissimi negozietti di cianfrusaglie, tipici dei cinesi. Ho sempre pensato che quello fosse soltanto una faccia della medaglia, in quanto sono convinto che nel retrobottega ci sia un gran giro di affari illegali. Comunque, quella sera decisi di sbrigarmi e raggiungere la macchina al più presto.
Il problema delle feste natalizie, secondo me, è che mettono un sacco di tristezza. Mi spiego. Passiamo quasi tutto dicembre in uno stato di esaltazione, aspettiamo con ansia l’arrivo delle festività, convinti che sia un’occasione per riprendersi dalle fatiche dell’anno appena trascorso, ma anche di riprendersi alcune rivincite. Poi c’è anche la speranza – e spesso la convinzione – che l’anno nuovo possa essere migliore del vecchio. Quindi facciamo programmi, analizzando gli errori commessi nel presente anno in modo da non commetterli in quello nuovo. Tutte cazzate. In realtà è solo un pretesto per scappare dal presente opprimente e, con la scusa dell’anno nuovo, vogliamo lavarci le mani, così, facilmente, da non fare danni. Ad ogni modo, ci affrettiamo a comprare regali, addobbare le case e altre stronzate simili in previsione di un giorno, un solo giorno, il 25 dicembre. E poi? Passato natale ci ritroviamo con tutta la paccottiglia, tra regali che non ci interessano e gli addobbi scaduti, ma soprattutto una grande tristezza interiore. Perché non siamo riusciti a compensare il vuoto esistente con queste quattro menate e dunque rimane quello stato di angoscia che precedeva le feste. Io trovo tutto questo molto triste.
Comunque, con la scusa che l’anno nuovo bla bla bla, anch’io volevo dare il mio contributo a questa falsa felicità. Tuttavia non sapevo bene come muovermi, quale rivincita prendermi, talmente tante sarebbero. Decisi dunque che la migliore cosa da fare fosse quella di restare in ascolto, una sorta di stand-by mentale.
To be continued...
2 commenti:
Scrivi presto il seguito che adesso sono curiosa :)
Sì anch'io...
Posta un commento