giovedì 17 gennaio 2008

Una conferenza

Ieri l'altro c'è stata una conferenza al Dipartimento di Fisica di Padova sullo stato dell'arte dello studio della gravitazione e dei suoi sviluppi recenti e futuri. In particolare si voleva trovare la via per rispondere alla domanda: la Relatività Generale (GR) è davvero l'ultima teoria in grado di descrivere perfettamente l'Universo su larga e piccola scala? Ovviamente, come anche vi ho detto io in un paio di occasioni, la risposta a questa domanda è per forza di cose negativa. Tutti infatti sappiamo che per avere una corretta teoria che descriva tutte le scale (da quella di Planck alle dimensioni dei superammassi di galassie) la GR non basta e, per le scale più piccole, occorre una teoria di gravità quantistica che combini assieme gli effetti della GR e della Meccanica Quantistica (QM).
La conferenza di ieri verteva proprio su questo argomento, la gravitazione quantistica; proprio per questo sono stati invitati a parlare due fisici teorici – che io considero tra i migliori del mondo – che propongono due versioni diverse atte a trattare la gravità quantistica. Da un lato c'era Carlo Rovelli, tra i fondatori della loop quantum gravity (LQG) (e a cui io sono abbastanza affezionato per alcune sue idee di cui dopo parlerò), mentre dall'altro Gabriele Veneziano, tra i fondatori della teoria delle stringhe, indiscussa protagonista degli ultimi 20 anni e candidata ad essere la vera Teoria del Tutto (TOE).
Dopo i classici saluti da parte delle autorità accademiche (tra cui il direttore della sezione di Padova dell’INFN, del presidente della SIGRAV e di altri personaggi), ha preso la parola Carlo Rovelli per illustrare nelle basi la LQG. Nella prima parte della sua lezione, Rovelli ha parlato dei due diversi modi di trattare la gravità quantistica: da un lato è possibile mantenere il background, ovvero tenere buona la metrica dello spaziotempo e quantizzare gli oggetti al suo interno, oppure quantizzare direttamente lo spaziotempo. La LQG si basa proprio su quest’ultima ipotesi e per questo viene chiamata background-independent, al contrario della teoria delle stringhe, che è invece del primo tipo, e viene chiamata background-dependent.
Inizialmente esistevano due versioni della gravità quantistica (non-stringhista, se volete), due approcci diversi: un primo si basava sull’assunzione che gli stati quantistici fossero funzioni della metrica e che siano anche invarianti di gauge (ricordate quella storia sulle simmetrie di gauge?). Questo, per una serie di motivi che non ho ben capito, non funziona. Il secondo metodo costituisce un approccio à la Feynman, ovvero mediante il calcolo delle ampiezze di probabilità come prodotto di esse. Ahimè, anche questo no funziona. Un altro approccio, risalente ancora agli inizi del secolo scorso, assumeva una trattazione à la Faraday, ovvero trattava i campi di gauge (ovvero costruiti secondo le invarianze di gauge) come linee di flusso, esattamente quello che valeva per il campo elettrico. Solamente che adesso queste linee erano curve chiuse, ovvero dei loop. Tuttavia anche questo approccio, se applicato alla GR, non portava a particolari risultati. Allora si è pensato di “immergere” questi loop in un reticolo, una griglia (che in inglese si dice lattice). Tuttavia nasceva subito un problema perché se disgraziatamente qualcuno di questi loop veniva distorto, allora non si poteva più integrare (ovvero calcolare le ampiezze) in quanto lo spazio tra i loop diventava irrimediabilmente stretto e l’integrale non ha senso.
Però le cose cambiano se si applicano questi ragionamenti alla GR. Inoltre la cosa interessante è che le intersezioni tra i loop costituiscono proprio i quanti fondamentali di volume.
Poi ha parlato anche di connessioni di spin (spin networks), schiume di spin (spin foams) e altre entità alquanto esotiche che non ho minimamente compreso. Comunque è interessante un’applicazione alla cosmologia, in particolare viene risolto in un modo abbastanza divertente il problema della singolarità iniziale. Ecco come: considerate il classico grafico del parametro di espansione a(t) in funzione proprio del tempo. Nella cosmologia standard non si capisce bene cosa succeda per t tendente a zero, anche se la maniera più ovvia è quella di supporre che anche il parametro a vada a zero. Però non si sa cosa succede. Con la LQG, invece, si sa eccome cosa succede ad a ed è questo: per t = 0, l'Universo ha la sua dimensione minima, data dal quanto di volume rappresentato dal loop. Inoltre, è possibile andare anche al di là dell'asse delle ordinate, vedendo che per tempi negativi il parametro di espansione riprende a crescere, come succede a destra del grafico. Ovviamente ignoro i dettagli matematico-fisici di questa cosa. Però l'ho trovata assai interessante.
L'ultima parte della lezione di Rovelli si è conclusa con un sommario obbligato dei risultati ottenuti in questo campo e ha presentato una serie di pro e contro della LQG, confrontandola con i pro e i contro della teoria delle stringhe. Chiaramente, dal suo punto di vista, Rovelli ha inserito nell'elenco un solo pro per la teoria delle stringhe e il resto erano tutti contro.

L'inverso invece ha fatto Gabriele Veneziano che è partito subito con il Modello Standard (SM) delle particelle elementari, facendo sapere a tutti che esso è descritto da un gruppo non-abeliano SU(3)xSU(2)xU(1). Che vi avevo detto io? Eh? Poi ha passato in rassegna brevemente le quattro interazioni fondamentali e ha spiegato, a grandi linee, perché non possiamo includere la gravitazione nel “classico” SM. Ha detto esattamente quello che scrivevo io qui qualche tempo fa, ovvero ha parlato di teorie rinormalizzabili e non: poiché la teoria gravitazionale è non-rinormalizzabile, essa conduce a quantità infinite nel calcolo perturbativo delle correzioni alle masse delle particelle elementari. Quindi, spinto da queste motivazioni piuttosto forti, ha cominciato ad illustrare brevemente le caratteristiche della teoria delle stringhe, facendo vedere come essa può risolvere molti tra i problemi dello SM. Uno su tutti il fatto che essa unifica tutte e quattro le forze fondamentali pur mantenendo finito il parametro di cut-off (ve ne avevo parlato sommariamente quando discutevamo della SUSY), rimuovendo quindi la divergenza ultravioletta. Inoltre, essa non contiene parametri liberi come invece contiene lo SM: esso infatti, nella sua formulazione moderna, non fornisce alcuna spiegazione per il preciso valore delle masse dei leptoni e dei bosoni; neppure il loro numero (tre generazioni di leptoni e tre di quark) è spiegato. Tutti questi parametri sono presi come assunti e vengono utilizzati a destra e a manca. Ecco perché sono liberi: nello SM manca quella brillante spiegazioni che li terrebbe ancorati alla realtà fisica.
La teoria delle stringhe risolve questi problemi ammettendo, come vi avevo già detto tempo fa, che i valori delle masse e delle altre quantità derivino da particolari modi vibrazionali di queste stringhe fondamentali. Chiaramente ci sono dei problemi a questo proposito; Veneziano si è soffermato soprattutto su due cose: ci sono due particolari modi di vibrazione che danno origine a due particelle alquanto esotiche; la prima ha massa nulla e spin 2 ed è il famoso gravitone. La seconda è una particella di massa nulla e spin altrettanto nullo e viene chiamata dilatone. Nessuna di queste due particelle è stata osservata né direttamente né indirettamente e ci sono forti dubbi che esse non esistano neppure, soprattutto per quanto riguarda il dilatone. Quindi, il buon Gabriele, ha terminato la sua lezione trattando gli sviluppi recenti e futuri nel campo delle stringhe ma anche ponendo seri quesiti sulla validità di tale teoria. E questo mi ha stupito molto – in bene – perché solitamente i teorici che si occupano di stringhe spacciano per TOE la loro teoria, cosa che è ancora ben lontana dall'esserlo, sia per questa che per la LQG, come ha anche sottolineato Rovelli.
Beh, siccome credo di avervi dato fin troppe informazioni, rimando al prossimo post il perché la LQG si avvicina in modo straordinario alle considerazioni che facevamo tempo fa io ed Ema e quindi perché mi sta simpatica.

5 commenti:

Filippo il mulo ha detto...

Bravo Dee. Il fatto è che anche la teoria delle stringhe spiega abbastanza agilmente la singolarità iniziale del Big Bang (vd. universo ekpirotico), tra l'altro anch'essa ammettendo che andando indietro per tempi negativi il fattore di scala a(t)ricominci a crescere. In ogni caso sembra chiaro, comunque, che la singolarità iniziale è un'apparenza dovuta solamente allo scenario un po' troppo "classico" in cui è stata concepita.
Tanto per la cronaca: io l'altro giorno ero ad una conferenza di Dick Bond alla SISSA sui constraint del CMB al concordance model: il risultato, come al solito, è stato che i dati non ci danno informazioni coerenti sulla forma del potenziale scalare dell'inflazione. Nonostante la bontà dell'idea e gli sforzi teorici e osservativi, abbiamo un concordance model cosmologico ma non ne abbiamo uno per l'inflazione.
Dee tiraci fuori tu da questo impasse.

Deezzle ha detto...

La questione che tu poni, caro amico, è assai controversa e la trovo particolarmente difficile da comprendere per me, che sono a digiuno da tempo da questi argomenti.

Anonimo ha detto...

Ottimo

Anonimo ha detto...

maro', adam, ma qualcosa di un po' meno cazzutissimamente astrofisico, no eh? io un ci capisco una sega.

Deezzle ha detto...

Adelaide, questa non è astrofisica. L'astrofisica è sensibilmente più semplice tranne forse alcune cose di cosmologia. Ma si tratterebbe di cosmologia, evidentemente. Beh, non lo so. So solo che queste cose non le capisco neanche io che le ho scritte!!!