venerdì 28 novembre 2008

Il Flow

L'altro giorno mi è preso un raptus creativo. Pertanto ho scritto e registrato un pezzo a tempo di record. Niente di che, lo ammetto, ma sempre meglio di niente! Si intitola "Il Flow" e ovviamente il titolo non è molto bello. Neanche il testo è granché, ma ci sono alcuni passaggi interessanti.
La base è molto bella però. Lo trovate al solito indirizzo di MySpace.
Saluti, vado.

domenica 23 novembre 2008

Flash

Come dicevo su Librofaccia, mi sono costruito un diffusore per il flash integrato della macchina, utilizzando quella plastica con le bolle d'aria che serve per proteggere gli oggetti nei pacchi da spedire. Non so se mi sono fatto capire. Lo scopo di tale costruzione è quello di diffondere meglio la luce “dura” del flash, così da creare delle ombre più morbide e colori senz'altro più reali. Il prezzo da pagare è però una più bassa illuminazione rispetto al caso senza diffusore. La perdita di luce è comunque abbastanza bassa e per soggetti vicini non dovrebbe essere un problema.
Subito dopo però ho provato il flash che uso sulle macchine a pellicola. Pensavo non funzionasse e invece mi sono dovuto ricredere. In effetti il flash funziona solo per quanto riguarda l'emissione del lampo, ma tale emissione non posso controllarla, in quanto l'apparecchio non è compatibile e non dialoga con la macchina. Quindi il lampo emesso è in un certo qual modo fisso. Questo significa che se tipicamente con il flash integrato si scatta a 1/60, con tale tempo e con il flash esterno non compatibile, con 1/60 la foto diventa bruciata. Abbassando il tempo a 1/100 le cose non cambiano. A 1/250 va un po' meglio, ma le foto sono ancora troppo chiare. Oltre questo tempo, l'otturatore e il lampo non sono sincronizzati e l'otturatore è più veloce del lampo, il che significa che a 1/500, ad esempio, nell'immagine si vede la tendina inferiore. La soluzione a questo punto che ho potuto adottare è stata quella di chiudere quasi al massimo il diaframma, diciamo non meno di f/18.
I pregi di questo sono che (1) ho un flash decisamente più potente di quello incorporato, (2) tale flash è gratis, (3) se voglio più luce apro il diaframma e (4) scattando a 1/250 praticamente a qualsiasi focale evito foto spiacevolmente mosse. Il difetto principale resta comunque la non compatibilità con la macchina, il che significa che non posso usare le funzioni previste e che in alcuni casi trovo utili (come ad esempio la sincronizzazione del flash sulla seconda tendina, la compensazione dell'esposizione per il flash e il blocco di questa e molte altre). Poi l'altra cosa che mi lascia perplesso è la qualità delle foto con diaframmi troppo chiusi, soprattutto per quanto riguarda le aberrazioni. Ora, un modo per risolvere questo problema potrebbe essere quello di piazzarci un altro bel filtro diffusore davanti al flash, in modo da diminuire la luce, o perlomeno indirizzarla in un posto specifico. Ad esempio, non sparaflashare i visi della gente ma far rimbalzare la luce da qualche parte in un modo intelligente. Vedrò il da farsi.
Tuttavia vi chiederete: ma perché non scrivi queste cose nell'altro blog, quello opportuno? Boh, non lo so. Bella.

venerdì 21 novembre 2008

NFSUC

Finalmente è uscito. Oggi.




domenica 16 novembre 2008

Distrazioni

Come ben sappiamo, l'ottica adattiva non mi va molto a genio. Quindi sono costretto, delle volte, a lasciarmi andare un po' troppo ad altri interessi. È stato il caso di questi due giorni.
Ieri, ad esempio, c'è stata l'inaugurazione della mostra “Marghera Fotografia – 25 anni di immagini d'autore”, dove sono esposte un centinaio di foto, scattate dai soci di Marghera Fotografia che si sono succeduti nei 25 anni di attività del club. Consiglio a tutti gli amici delle parti di Venezia/Mestre di visitarla. La mostra durerà fino al 5 dicembre ed è presso l'Auditorium di Piazzale Giovanacci di Marghera.
In questi due giorni, poi, c'è stata anche la fiera a Padova “Tuttinfiera”, la fiera del tempo libero. Ampio spazio anche alla fotografia. Si poteva mancare? Certo che no. Diversi erano i banchetti che vendevano robe usate, tra cui obiettivi, corpi macchina, filtri e accessori vari. Gran parte del materiale era per le macchine a pellicola e gli oggetti più costosi erano ovviamente quelli dedicati al mondo digitale. Tuttavia sono riuscito a fare un discreto affare, acquistando un battery pack usato-come-nuovo, risparmiando più di 35 euro. Non male. In questo modo migliora la presa sulla macchina che è piuttosto piccola, conferendole una maggiore stabilità, oltre ad una durata ‘infinita’ delle batterie e un controllo più comodo delle impostazioni per gli scatti verticali.

Nel frattempo, però, sono usciti un paio di album (parlo di doppia-h) che vale la pena menzionare. Anzi, metterò i link dei pezzi che mi piacciono di più.

The Game – LAX
Angel [feat. Common] (bellissima, vale veramente la pena, solo per il beat (ovviamente del enorme Kanye West))
Let Us Live [feat. Chrissette Michelle] (anche questa splendida. Il beat ipnotico è dell'onnipotente Scott Storch)
My Life [feat. Lil Wayne] (ormai Lil Wayne c'è dappertutto, però sto pezzo è bello)

T.I. - Paper Trail
Whatever You Like
Swagga Like Us [feat. Kanye West, Jay-Z, Lil Wayne] (beat cartellante che non lascia scampo. Bellissima)
On Top Of The World [feat. Ludacris, B.O.B.] (una tra le più belle dell'album)
Every Chance I Get

Nelly – Brass Knuckles
Body On Me [feat. Akon, Ashanti]
Hold Up [feat. T.I., LL Cool J]
LA [feat. Snoop Dogg, Nate Dogg] (West Coas shit baby!)
Chill [feat. Lunatics]

LL Cool J – Exit 13
Feel My Heartbeat [feat 50 Cent]
Come And Party With Me [feat. Fat Joe, Sheek Louch] (il classico pezzo da club, ma pompa da matti)
Rocking With The G.O.A.T.

John Legend – Evolver
It's Over [feat. Kanye West]

Poi ascoltate anche Common con il pezzo The Game. Forse la canzone hip hop più bella di tutte queste. Il volume deve essere alto da far tremare i muri. Occhio che altrimenti non rende.
Saluti.

mercoledì 12 novembre 2008

Considerazioni improvvise sui sistemi operativi

Recentemente ho avuto sottomano un PC con Windows Vista come sistema operativo. Io, quasi due anni fa, ho avuto occasione di provarlo sul mio vecchio PC e l’impressione è subito stata quella di un sistema bello da vedere ma molto esigente dal punto di vista dell’hardware. Poi avevo provato ad installarci la rete Wi-Fi di casa ma, dopo tutta la mattina passata a smanettarci, non avevo risolto il problema. Così ho mandato tutto a quel paese, formattato il tutto e installato il buon vecchio XP, con il quale ho subito iniziato a navigare in internet. La mia considerazione nei confronti di Vista è scesa a valori prossimi allo zero. Però ho sempre dato la colpa al fatto che probabilmente la mia copia dell’OS non fosse perfetta o avesse dei file mancanti.
Qualche mese dopo, si presentò l’occasione di cambiare computer, in particolare dovevo prendere un portatile. Tuttavia, prima di spendere mille e passa euro, volevo sincerarmi del funzionamento di Vista, dal momento che tutti i PC ormai montavano quell’OS. Riuscii a provarne uno, peraltro piuttosto costoso, e anche questo esemplare confermò la pesantezza del sistema a causa di un abuso esagerato della grafica (l’interfaccia Aero). Ma quello che mi lasciò più interdetto, fu il fatto che anche con un Vista ufficiale non si riusciva a configurare la rete Wi-Fi. Decisi quindi di mandare Bill a quel paese e passare a Mac.
E adesso ho di nuovo sottomano un PC con Vista (ufficiale) aggiornato al Service Pack 1. Il mio pensiero, prima di metterci le mani, è andato subito alle connessioni wireless: cavolo, dopo quasi due anni dal lancio e un service pack, si dovrebbero essere risolti i problemi di questo tipo. E invece no: il problema iniziale rimane lo stesso, invariato, di versione in versione, di anno in anno. Il computer si connette alla rete ma non la identifica, che in poche parole significa che non riesce a trovare l’indirizzo IP automaticamente. Dopo qualche ora di smanettamenti e imprecazioni di vario genere, con l’aiuto di San Google ho capito che è molto difficile per Vista funzionare con un IP automatico. Quasi tutti, infatti, lavorano con IP statico, cioè preimpostato. Inoltre Vista supporta un tipo di protocollo denominato IPv6, che è diverso dal IPv4 che usava XP. Allora la soluzione che ho trovato è stata di disabilitare questo IPv6 e impostare manualmente l’indirizzo IP e i parametri DNS. Tuttavia vorrei trovare un modo per risolvere ulteriormente la cosa, perché ho paura che per connettersi a Internet bisogna ogni volta inserire quei numeri. Decisamente scomodo.

Tutto questo per dire che sto benedicendo OSX dal primo giorno che ho portato a casa il portatile. Mi ricordo che per connettermi a internet mi è bastato accendere il router e digitare la chiave di rete. Tutto qua. Non capisco perché ci si deve rendere la vita più complicata di quello che in realtà è. Ragazzi miei, siamo anni luce distanti dai sistemi Microsoft. Non è un discorso di parte questo, è proprio un discorso oggettivo: niente manutenzione da fare periodicamente (tipo scan disk o defrag o scansione antivirus, antispyware, eccetera), niente virus e antivirus che rallentano tutto, affidabilità prossima al 100%, compatibilità al 100% con quasi tutti i programmi e un sacco di altre cose. Mi stupisco infatti come a volte, quando mi capita di usare un PC, cerco di agire come sono abituato in OSX, dimenticandomi che sono sotto Windows.
Credo che non tornerò mai più a Windows, a meno che non sia costretto.

domenica 9 novembre 2008

Tre articoli interessanti

Questa sera mi sono fatto un giro per l’arXiv, in particolare nelle sezioni gr-qc e hep-th. Tra tutti gli articoli con nomi improbabili usciti in questi giorni, ne ho scelti tre che secondo me offrono interessanti spunti di riflessione (e discussione se volete). Ecco di cosa si tratta.
  • Rovelli C., Colesi D., “What is a particle?: una particella può essere definita in due modi, localmente o globalmente. La prima definizione è la più comune, se intendete come particella un qualcosa che può essere rivelato. La seconda possibilità, invece, è tipica delle teorie quantistiche di campo (QFT), dal momento che le particelle vengono identificate con i rispettivi campi di forza, campi che sono e hanno proprietà globali, essendo definiti in tutto lo spazio. Viene quindi analizzata questa doppia identità nell’ambito della gravitazione quantistica a loop (LQG) che è una teoria quantizzata della gravità background-independent. Ricordo che questo significa che viene quantizzato direttamente lo spaziotempo, a differenza di quanto avviene con le stringhe le quali sono i “quanti” delle particelle elementari e che quindi obbediscono alle leggi note dello spaziotempo. Chiaramente, la soluzione sta nel mezzo: una particella può essere vista come un campo locale, dal momento che le proprietà globali non definiscono completamente la particella; in altre parole, la particella descritta dalle proprietà globali del campo non è quella che viene rivelata dal detector. Si arriva a questa conclusione ammettendo che nel contesto della QFT le proprietà globabli siano determinate da approssimazioni e che quindi non rappresentino le proprietà intrinseche delle particelle.
  • Camacho A., Camacho-Guardian A., “Quantal definition of the Weak Equivalence Principle”: partendo dalla definizione del principio di equivalenza debole (WEP), si cerca il modo per dare un’analoga definizione nel caso quantistico. Dal momento che il WEP nella sua formulazione macroscopica è intimamente connesso con il concetto di traiettoria, c’è il problema che in Meccanica Quantistica (QM) la traiettoria di una particella non può essere definita – principio di indeterminazione. Inoltre, si cerca anche un modo per la verifica sperimentale del WEP. Tutto si basa su esperimenti di interferenza tra neutroni. Infatti, ruotanto il sistema in modo che i due raggi (che poi andranno a interferire) abbiano energie potenziali gravitazionali differenti, e quindi c’è la presenza di un campo gravitazionale tra i due raggi, è possibile verificare se il rapporto tra le masse inerziale e gravitazionale rimane invariato. In particolare si assume valido il WEP, ovvero si assume che tale rapporto non dipenda dalle particelle coinvolte; così facendo, ci sono tre parametri liberi da poter modificare: la lunghezza d’onda dei netruoni, la lunghezza dei due bracci e la costante di gravità. Se variando questi parametri non si osservano variazioni nel rapporto tra le masse, allora il WEP è verificato. Se si trova almeno un valore che si discosta dagli altri, il WEP non vale.
  • Jimenez J. B., Maroto A. L., “Cosmological electromagnetic fields and dark energy”: in questo articolo si analizza l’ipotesi che l’accelerazione nell’espansione dell’Universo possa essere causata da fluttuazioni elettromagnetiche quantistiche avvenute durante la fase inflazionaria. Si dimostra infatti che questo può spiegare il corretto valore della densità di energia oscura ‘osservato’ oggi. Personalmente non ho letto tutto l’articolo, quindi non ne so di più, ma conto di farlo entro breve.

Se ne avete voglia, discutiamo assieme queste belle cose teoriche. Magari datevi una letta agli articoli. Non sono molto difficili e si dovrebbe capire il senso generale.

martedì 4 novembre 2008

CERN


Il CERN si trova a nord della città, a circa mezzora dal centro. Per arrivarci si deve prendere il tram 14 o 16 fino ad Avanchet e poi, da lì, un bus il cui capolinea è l'entrata del CERN. A due passi c'è il confine con la Francia e le strade interne all'istituto prendono il nome di diversi fisici: c'è Rue A. Einstein, Rue W. Pauli, Rue A. Salam, Rue J. C. Maxwell e molte altre. Tutt'intorno ci sono delle splendide colline coltivate, fattorie e recinti per gli animali: un tipico paesaggio svizzero. Ma questo spettacolo è interrotto da grandi pilastri dell'alta tensione, che portano l'elettricità necessaria al funzionamento degli acceleratori.



La visita guidata è così strutturata: una breve introduzione di mezzora sul CERN e sugli esperimenti che si fanno, seguita poi da una visita di un'ora a due acceleratori above ground e da un'altra ora dedicata alla visita di un laboratorio in territorio francese dove vengono testati i magneti del LHC.
Della prima mezzora non c'è niente da dire che non abbia già detto io nelle pagine di questo blog. Le cose interessanti cominciano nell'edificio 150: qui infatti c'è il famoso acceleratore lineare LINAC, il primo costruito e il primo a fornire importanti risultati. Oggi questo acceleratore non è più usato per esperimenti, ma è molto importante, dal momento che è qui dove vengono per la prima volta immessi e accelerati i protoni che poi, dopo qualche passaggio, finiscono nel nuovo LHC. Infatti si tratta di un'accelerazione a cascata: tutto parte da delle bombole di idrogeno, dalle quali, mediante appositi separatori di carica, vengono separati i protoni dagli elettroni.



I primi vengono così immessi nel LINAC che imprime loro una prima accelerazione; poi vengono fatti circolare nel PS (Proton Synchrotron), un acceleratore circolare; sucessivamente passano al SPS (Super Proton Synchrotron) e, dopo alcuni cicli, entrano nel LHC dove, in qualche minuto, raggiungono la velocità di 0.99c e un'energia di 7 TeV. Tutto questo è illustrato egregiamente in questa pagina.
La visita prosegue di fianco al LINAC, dove c'è il LEIR (Low Energy Ions Ring), un piccolo acceleratore circolare la cui funzione è quella di nutrire LHC di nuclei leggeri, dal momento che esso potrà far circolare anche queste particelle. Curioso che il LEIR non sia circolare ma un quadrato con gli spigoli smussati.


Si riprende il bus in direzione del confine francese; lo si attraversa e, dopo qualche centinaio di metri, si svolta a destra per andare a visitare il luogo dove vengono testati i magneti superconduttori, che verranno poi installati nell'LHC - anche se in effetti LHC è completo, c'è un buon numero di magneti di riserva. Qui, quindi, i tubi vengono testati: vengono raffreddati con elio liquido fino a raggiungere una temperatura di 1.9 K (-271° C) e viene creato il vuoto al loro interno.



Perché vengono raffreddati? Semplice: le correnti elettriche necessarie al funzionamento dei magneti sono talmente alte (qualche centinaio di migliaia di ampère) che i cavi prenderebbero fuoco. Quindi servono temperature estremamente basse e materiali in grado di condurre egregiamente l'elettricità.


Un magnete superconduttore, appunto. Questi magneti sono di due tipi: dipoli o quadrupoli. In LHC ogni tre dipoli c'è un quadrupolo. In questa fase viene anche testato il campo magnetico all'interno delle due cavità dove circolano gli adroni, in quanto deve essere estremamente costante nel tempo.

A questo punto la visita termina: in totale è durata tre ore e devo dire che è stata piuttosto interessante. Perlomeno ho visto e toccato con mano cose che finora avevo soltanto letto nei libri o in internet. Poi, non pensavo, ma è stato anche istruttivo: mi sarei aspettato qualcosa di molto più banale e frivolo, invece devo dire che ho appreso qualcosa in più. Anche perché mentre il tizio spiegava delle cose a proposito del bosone di Higgs (un classico), vedevo lo smarrimento totale negli occhi delle persone. Un tizio inglese, anzi gallese, sui 16-17 anni ad un certo punto ha chiesto "ma come mai se il bosone di Higgs, che è responsabile della massa delle particelle ed ha una massa così elevata, può generare particelle di massa nulla?".
Simmetria, avrei voluto rispondere. La guida ha semplicemente liquidato la cosa dicendo "the theory says that it can".


Foto 1: dipolo superconduttore posto all'entrata del CERN. Non è un imitazione: è un vero dipolo.
Foto 2: sala di controllo del LINAC.
Foto 3: il LINAC.
Foto 4: il LEIR
Foto 5: un dipolo smontato e collegato alla macchina per il test.
Foto 6: due dipoli collegati alla macchina per il test.
Foto 7: dipolo smontato: si notano i due tubi centrali dove scorrono le particelle. Gli altri tubi sono cavi e tubi per la circolazione dell'elio liquido.

lunedì 3 novembre 2008

Genève

La cosa che colpisce quando si arriva in Svizzera è l'ordine. Appena qualche km dopo il confine, spariscono i campi con l'erba alta e rovi e compaiono prati coltivati ma soprattutto ben curati. Il paesaggio che si scorge dal treno qualche ora dopo è mozzafiato: una lunghissima distesa d'acqua, con il sole a picco, circondata a sud da montagne piuttosto alte e innevate e a nord da colline un po' più basse ma innevate anch'esse. Ecco le prime case in riva al lago, un castello, dei campi da tennis a strapiombo sull'acqua e una stazione: Montreau. Da qui a Ginevra la ferrovia segue naturalmente la sponda nord del lago, regalando scorci magnifici, degni dei migliori quadri impressionisti. La fermata successiva è Losanna, cittadina piuttosto grande che si trova quasi a metà della lunghezza del lago. Mezz'ora ed ecco Ginevra.
Da distante si scorge subito il gigantesco getto d'acqua, ormai divenuto monumento e simbolo della città. Sebbene sia piuttosto freddo, c'è una discreta presenza di persone che passeggiano la sera lungo le sponde del lago: dal faro al Pont du Mont Blanc; dal Jardin Anglais al Jet d'Eau: una passeggiata che riempie gli occhi di colori, grazie ai spettacolari riflessi delle insegne colorate dei palazzi. A prima vista sembra però che la storia sia stata avara con Ginevra: quasi tutti i palazzi sono moderni hotel, sedi di banche, assicurazioni e negozi. Nulla lascia immaginare una vita, qui, nel medioevo. Ma ci sbagliamo: nascosta dai tetti di questi palazzi, ci appare la sommità della Cattedrale di S. Pierre, un edificio piuttosto strano, combinazione di stile neoclassico, sulla facciata, e gotico, sulle guglie. La Città Vecchia è posta sulla sommità di una collina e, tra le sue stradine e vicoli, sembra di tornare indietro di qualche secolo.
L'impressione è che Ginevra non sia né carne né pesce: in primo piano e in bella vista ci sono negozi e alberghi, mentre dietro c'è la storia. Siamo in Svizzera ma si parla francese e infatti a qualche km c'è il confine con la Francia. La gente del posto è vestita bene, compra nelle boutique del centro e va a cena nei ristoranti della città vecchia; ha macchine costose e grandi e appariscenti. Nonostante questo a poche centinaia di metri dalla stazione ferroviaria ci sono dei palazzoni altissimi, stipati di appartamenti e di persone. Insomma, a parte il lago e qualche scorcio interessante, Ginevra mi è sembrata una città piuttosto anonima. Nella prossima puntata vi parlerò della visita al CERN, vero oggetto del weekend.