venerdì 28 settembre 2007

Mi sento fortunato

Allora, ragazzi, per ammazzare il tempo (e il mio inaspettato nonché dolorosissimo mal di schiena) ho fatto un giro per i vostri Shinystat, soffermandomi un po' nella sezione "Chiavi di ricerca". Diavolo, ci sono di quelle robe stra-mega-super-divertenti (le ho cerchiate di rosso e di verde). Partiamo dal mio.
Prima pagina:

Seconda pagina:

Terza pagina:

E adesso Filippo - prima pagina:

Seconda:

Terza:

Quarta:


E ora Sushi (della serie "Pochi ma buoni"):

Lascio a voi ogni commento anche se, a mio avviso, la migliore è quella nella terza pagina di Fili: non me ne frega + niente di quello che pensano di me, ma anche la passerò l'esame? non è da buttar via.

PS: da te, Gio, non ci sono - purtroppo - ricerche bizzarre.

mercoledì 26 settembre 2007

Dre and Pac

Ritengo opportuno ritornare a parlare di rap. Non ne posso più di perturbazioni: giuro che se qualcuno mi viene a parlare di perturbazioni gliene dico quattro. Comunque, non mi ricordo più dove ero rimasto. Ah sì, il rap.
Quindi nel 2001, anno del meritato diploma, decido che il rap mi piace proprio ed esce l'album dei D12, Devil's Night, lanciato con il singolo Purple Pills, seguito da Fight Music. Più tardi quell'estate come per miracolo trovo il cd di Dr. Dre, 2001, imbucato in una cesta in un centro commerciale a prezzo ridotto. Lo compro e finalmente realizzo il mio sogno. Arriviamo ai tempi dell'università dove, un nostra carissimo ex-compagno di nome Alberto ha la mia stessa passione e mi presta una quantità di cd, tra i quali:
  • Eminem - The Slim Shady LP (io non ce l'avevo);
  • 2Pac - Greatest Hits;
  • Tutti quelli di Nas;
  • Ja Rule - Venni Vetti Vecci;
  • Dr. Dre - The Chronic,
e forse qualche altro. Ma, tra questi, i migliori sono quello di 2Pac e di Dr. Dre. A questo proposito vi faccio ascoltare il brano di Dr. Dre, Lil' Ghetto Boy con i featuring di Snoop Doggy Dogg e Nate Dogg (che all'epoca si faceva chiamare Lil' Half Dead), contenuto nell'album The Chronic. Una parola su quest'album: è del 1992, il primo da solista di Dr. Dre (faceva parte del gruppo NWA, Niggaz With Attitude) ed è il lancio definitivo del grande Bigg Snoop Dogg. Beh, alzate il volume.


Di quell'album sono da ascoltare (e da vedere): Fuck Wit Dre Day, Nuthin' But A "G" Thang, Deeez Nuuuts e Let Me Ride e, naturalmente, tutte le altre.
L'altro album, ovvero il greatest hits di 2Pac contiene, ovviamente, tutte le migliori canzoni in versione originale del grande Makaweli. Di tutte queste vi faccio vedere qui e subito quelle più belle (e sono anche le uniche di cui ci sia il video originale) partendo dal primo singolo pubblicato da Pac, ovvero Brenda's Got A Baby.



Piaciuta? Bene, adesso pappatevi Keep Ya Head Up.



Questa invece è Dear Mama.



Ain't Mad At Cha.



How Do You Want It.



E infine Changes. Nota: questo video, come quello di Dear Mama, sono stati girati dopo la morte di Pac. Ma sono brani autentici, scritti prima di fare quella fine.



Respect.

domenica 23 settembre 2007

Altra serata, altro svacco


Sono da poco passate le 18 al momento in cui sto battendo con molta cura e delicatezza i tasti della mia tastiera; fuori il sole splende ed è una giornata splendida; io sono chiuso in casa a studiare fisica quantistica, in particolare sto cercando di approfondire il discorso sul metodo del principio variazionale e di Hartree-Fock per il calcolo degli stati quantici dell'atomo di elio; inutile dire che non mi passa più. Quindi ho deciso di fare una pausa e raccontarvi della serata-svacco di ieri sera, dal momento che voi tutti amate queste storie e dal momento che sono successi un paio di eventi notevoli.
Ebbene, tutto comincia quando Gio mi chiama alle nove per chiedermi se facciamo qualcosa. In realtà dovevamo andare a cena fuori, ma Gio non è riuscito a liberarsi dal lavoro e così abbiamo optato per la classica serata alla cazzo. Dicevo, Gio mi chiama alle 21; io sento Jack: è dalla Lisa (cioè a duecento metri da casa mia) e ci sta per uscire. Gli dico di venire da me sulle 21.45, perché Gio ha detto che arriva a Mestre col bus sulle 22. Ovviamente Jack arriva alle 21.55, con quei canonici 10 minuti di ritardo. Comunque ci mettiamo in macchina e verso le 22.10 siamo di fronte all'ospedale Umberto I e, dopo poco, ci raggiunge Gio. Una volta in macchina, percorriamo via Circonvallazione e all'incrocio con via Piave ci piomba addosso con tutta la sua potenza la solita domanda: ma dove andiamo? Jack dice di girare a sinistra, Gio dice a destra e io vado dritto. Così mi viene in mente che da quelle parti abita un nostro ex-professore del liceo, così passiamo per di là ma, ovviamente, non c'è nessuno. Quindi siamo in via Trento e di nuovo il dubbio: destra o sinistra. Gio dice di andare per la stazione, ovvero a sinistra, e gli do ascolto. Tuttavia non sappiamo ancora cosa fare. Gio ripropone un posto che ormai è diventato un must ovvero l'aeroporto. A me viene in mente che, diavolo, attaccato all'aeroporto c'è il casinò Ca' Noghera. Fatta: andiamo al casinò. L'idea è di entrare con pochi soldi (portandosi ovviamente solo quelli) e fare qualche puntata da qualche parte: magari ci risolviamo la serata, non si sa mai. Quindi via sulla Triestina in direzione Ca' Noghera. Durante il tragitto si parla di robe varie che non destano particolare interesse, quand'ecco che un'auto sulla carreggiata opposta mi fa i fari. Ci sarà la polizia, penso. E infatti ci ferma una bella pattuglia della Finanza.
«Buona sera»
«Buona sera, patente e libretto prego»
Io faccio per dargli tutto il necessario quando l'agente, rivolgendosi a Gio, Jack e la Lisa dice:
«Voi avete qualche particolare esenzione che non portate la cintura di sicurezza?»
Ahi, qua sono cazzi..., penso. Gio risponde che se l'è appena slacciata quando io ho fermato la macchina. L'agente sembra crederci. Ma Jack e la Lisa non sanno dove arrampicarsi e farfugliano qualche parola incomprensibile.
«Non sapete che è obbligatorio mettere la cintura anche dietro?»
Loro due ancora farfugliano qualcosa e l'agente prende le mie carte e se ne va a fare il solito controllo. Io comunico ai partecipanti che se mi danno la multa, io non voglio saperne niente. Dopo qualche minuto l'agente ritorna e mi riconsegna le carte:
«Tutto a posto. Comunque è obbligatoria la cintura, anche dietro.»
Jack e la Lisa se la allacciano, chiedono umilmente scusa, io rimetto in ordine le carte e ripartiamo felici verso il casinò. La Lisa insiste in discorsi assurdi che non vale la pena ricordare (come ad esempio: ma perché ha fatto storie con la cintura? Scommetto che in nessuna di queste macchine ce l'hanno allacciata quelli dietro. Inutile spiegarle che 1) è obbligatoria quindi devono farti la multa se non ce l'hai (nel nostro caso per fortuna l'agente è stato MOLTO gentile) e 2) sono proprio i passeggeri seduti dietro a fare la fine peggiore se non hanno la cintura allacciata.) e finalmente arriviamo al casinò. Parcheggio in strada perché, ci scommetto, il parcheggio del casinò è a pagamento e ci precipitiamo con passo deciso all'interno dello stabile. Ad accoglierci è una bella Audi R8 e alcune guardie giurate. Scopriamo che l'ingresso costa 10 euro: in più ti devi portare qualche soldo per giocare, ovviamente. Io penso che, una volta nella vita, posso anche spendere 20 euro. E non è mica detto che li perdi tutti: magari non ne perdi affatto o, nel migliore dei casi, vinci anche qualcosa. Gio si trova d'accordo ma, come al solito, la Lisa fa storie e, al solito anche questo, Jack ci va dietro. Quindi, morale della favola, abbiamo rischiato un ritiro della patente per niente. Ma sono le 23 suonate e la domanda scatta ancora: dove andiamo? Nel mentre riflettiamo ripercorrendo la strada che ci riporta alla macchina, a Gio gli salta il matto e scavalca un piccolo fosso andando nel campo di pannocchie adiacente portandone via una. In macchina comincia a fare ipotesi astruse sull'origine delle pannocchie, del perché sono fatte a quel modo, perché hanno proprio quel numero di chicchi, eccetera. Nel frattempo siamo arrivati, nuovamente, al Warner di Marcon. Propongo alla Lisa di decidere, visto che è lei che fa storie: così, se decide lei, almeno sta buona. Dopo qualche giro a vuoto del Valecenter decide di andare a Mogliano al Big House e noi ringraziamo della celere scelta. Qualche minuto dopo siamo seduti ad un tavolo e chiacchieriamo di argomenti poco interessanti quali: lavoro versus università, ambizioni, soldi, i soldi non fanno la felicità, i sogni son desideri, bidibibodibibù, eccetera. Verso l'una e mezza pensiamo di prendere la strada per il ritorno e qualche decimo di secondo dopo siamo sotto casa della Lisa. Jack ha lasciato la macchina vicino a casa mia, ma non dalla Lisa, quindi, finalmente soli, siamo liberi di girovagare ancora. Mostro ai Soci dove ho scattato queste (1, 2) foto e ritorniamo alla macchina di Jack. Al che, lui estrae una macchina fotografica e iniziamo a farci foto stupide: sono le 2 passate e noi scattiamo con il flash a tutto spiano. Ottimo direi. Stiamo lì a parlare per quasi un'oretta di argomenti vari ma comincia a venir su freddo e le palpebre iniziano a calarsi misteriosamente da sole, merito forse del fatto che non c'è una luce nel raggio qualche centinaio di metri. Quindi verso le tre meno qualcosa ci lasciamo e io me ne torno a casa, dove vi arrivo 17 secondi dopo.

In foto: con i Soci e la pannocchia di Gio alle 2.30 di notte.

venerdì 21 settembre 2007

Andar per campi


Bene, visto che he vi piace la storia del rap, adesso riprendiamo un attimo il discorso della QFT. Premetto che non ne so molto, ma spero ugualmente di darvi le linee generali. Essenzialmente la nascita delle teorie quantistiche di campo è da attribuirsi, fra gli altri, a Richard Feynman. Non è quindi da sorprendersi se leggendo il suo libro, QED, si capisca tutto quanto meglio. Se però non l'avete letto (cosa che io vi consiglio assai), questo post - e forse altri - è fatto proprio per voi. Innanzitutto, visto che si parla di campi quantistici, è bene dare una definizione di campo usata in fisica. Per questo motivo farò un breve excursus storico. Fino alla metà dell'800, si pensava che le forze (come quella gravitazionale, elettrica e magnetica) fossero trasmesse istantaneamente da qualsiasi punto dello spazio. Tuttavia, come potete ben immaginare, era difficile pensare che, ad esempio, la forza tra due calamite si trasmettesse istantaneamente tra i due corpi. Diavolo, come è possibile? Se ad esempio io applico una forza ad un certo oggetto (ovvero lo spingo) esso si muove: per forza, l'ho toccato! Ma nel caso delle calamite, non c'è contatto: la forza agisce anche senza toccare fisicamente i due oggetti. Per questo motivo, ma anche per altri, fu introdotto il concetto di etere: l'etere era in pratica una sostanza che permeava tutto l'Universo e serviva appunto come mezzo per trasmettere le forze. Così, invocando la presenza di questa fantomatica entità, i fisici potevano garantire un filo logico alle osservazioni. Tuttavia le cose non stanno così, per fortuna. Einstein, con la sua teoria delle relatività ha demolito l'etere e ha introdotto il concetto innovativo di campo. Per la verità questo l'aveva già fatto Maxwell nella seconda metà dell'800 con le sue equazioni dell'elettromagnetismo. Comunque, dopo la relatività, si è adottato il concetto di campo i varie circostanze: campo gravitazionale, elettrico, magnetico sono solo alcuni esempi. Poi però ci sono anche altri tipi di campi: ad esempio il campo di temperatura, quello di densità eccetera. Ovviamente c'è una differenza fondamentale con il campo gravitazionale e quello di temperatura, e la vedremo più tardi.
Ma come funziona un campo? Prendiamo ad esempio il campo elettrico. Supponete di avere a disposizione uno stanzone completamente vuoto; non c'è neppure l'aria: è proprio vuoto. Adesso supponete di avere una pinzetta quantistica e di riuscire a isolare un minuscolo elettrone e di metterlo al centro della stanza; abbiamo quindi uno stanzone vuoto con un bell'elettrone al suo interno. L'elettrone, essendo l'unica particella presente, non interagisce con niente e se ne sta lì bello tranquillo (se non considerate gli effetti quantistici che vedremo più avanti) dove l'avete messo. Provate adesso a inserire un altro elettrone e posizionatelo nelle vicinanze del primo: diavolo, vedrete i due elettroni schizzare via in direzioni opposte. Come ben sapete, essi si respingono. Ma cosa è successo realmente? Beh, il primo elettrone, quello che se ne stava beato e pacifico, crea un campo elettrico attorno a se: la sua carica è come se fosse distribuita nello spazio circostante con una legge inversamente proporzionale alla distanza dall'elettrone. Per questo vi ho detto di porre il secondo elettrone nelle vicinanze del primo: se lo mettevate dall'altro lato della stanza, non avrebbe avuto nessun effetto, o comunque qualcosa di davvero trascurabile. Ma quando il secondo elettrone si avvicina al primo, risente del suo campo elettrico. Ma anche il secondo elettrone ha un suo campo elettrico, giusto? Quindi, quando i due campi interagiscono, almeno classicamente, ciascun elettrone risente del campo dell'altro e l'effetto complessivo è quello della repulsione. E così avviene anche per due protoni e, in generale, per due cariche dello stesso segno. Due cariche di segno opposto, invece, si attraggono. Questo è il funzionamento, a grandi linee, di un campo elettrico classico. Vedremo la prossima volta qual'è la differenza fondamentale tra l'elettrodinamica classica e quella quantistica ed estenderemo questo metodo ad altri campi di forza quantistici.

Nella figura: interazione elettrica classica tra due cariche dello stesso segno. Le cariche sono le palline rosse, ovviamente, mentre le linee gialle si chiamano linee di campo e sono in ogni punto tangenti al campo elettrico.


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giovedì 20 settembre 2007

When I started this gangsta shit!

Nigga we started this gangsta shit!
And this the motherfuckin thanks I get?
It's funny how time fly
I'm just havin fun, just watchin it fly by (the watcher)
Dr. Dre - The Watcher

Ottimo, vedo che vi prende bene la storia del rap dal mio punto di vista. Quindi ecco un altro post.
Purtroppo, la prima volta che sentii parlare di 2Pac fu nel 1999. Tuttavia non mi era nuovo questo nome e infatti scoprii cosa successe tre anni prima. Comunque, anche appreso questo, non sentivo la particolare necessità nell'ascolto dell'hip hop. Fate voi che fino al 2000, l'unico album rap che ho comprato è stato quello di Will Smith, Willennium. In effetti in quell'album, che a molti farà ridere, ci sono dei featuring con Lil' Kim (amica stretta di Biggie), con Eve (amica stretta di Dr. Dre), DJ Jazzy Jeff (colui che interpretava Jazz nella serie televisiva Il Principe di Bel-Air), Biz Markie (altra leggenda dell'hip hop) e altri personaggi di rilevo. E anche Willy non è male, visto che ha cominciato a fare musica ben prima di fare TV (ecco, vedetevi il video di Summertime) ed era conosciuto nell'ambiente col nome di The Fresh Prince (e da qui il nome alla serie TV). Comunque, non volevo parlare di Willy. Nel 1999, intanto, un altro personaggio di rilievo fece la sua entrata in scena con un album che destò scandalo: parlo di Eminem e del suo The Slim Shady LP. Lanciato con il singolo My Name Is, desta subito le ansie della gente con la splendida Guilty Conscience arricchita della collaborazione con l'amico/produttore Dr. Dre. Continua lo sbigottimento dei media quando esce il singolo Role Model, ma soprattutto quando fa la comparsa su MTV il video di Just Don't Give A Fuck. Mai, prima di Eminem, nessuno si sarebbe sognato di dire cose simili: certo, il rap, per sua natura, è una musica selvaggia e diretta. Ma si parlava sempre di ghetti, di polizia, di potere, di apartheid e cose così. Em è stato il primo a portare al grande pubblico le sofferenze (e le paranoie) di gente disadattata come lui. Nessuno si sarebbe mai sognato di cominciare una canzone con "Ciao, mi presento, sono Marshall Mathers e sono un alcolizzato". Comunque, guardatevi il video di I Don't Give A Fuck.


Quindi, dicevo, nel 1999 è uscito quest'album. Ma non ci ho dato importanza e ho comprato Californication degli RHCP. Comunque, finalmente arriviamo all'anno della svolta.
Anno 2000, ancora un nuovo album di Eminem. Cominciano a passare il singolo verso metà giugno e me ne innamoro: si intitola, lo ricorderete, The Real Slim Shady. Prodotto da Dr. Dre, come gran parte del disco, il pezzo subito scatena polveroni perché parla di Britney Spears, di Christina Aguilera e gente così. Ma il flow di Em è ineguagliabile e dopo aver ascoltato non so quante volte il singolo, compro il cd, The Marshall Mathers LP. Diavolo, canzoni come Stan (quel beat con il loop della canzone Thank You di Dido mi mandava in delirio, soprattutto il basso) [la tipa nel video è proprio Dido], The Way I Am (come complessità delle rime e dei testi non ha eguali), I'm Back (bellissimo beat) [non esiste il video ma ascoltatela lo stesso, almeno per il beat], Marshall Mathers (cupa da spavento) [come sopra], Under The Influence (con la collaborazione dei D12, cattivissima) [stessa cosa], Criminal (si commenta da sola) [versione corra live. Il tipo dietro con la maglia blu è Proof, morto l'anno scorso anche lui.] e la mia preferita, Bitch Please II, con le partecipazioni di Dr. Dre, Snoop Dogg, Xzibit e Nate Dogg. I più grandi. [Nel video mancano Snoop e Nate, ma è dal vivo, enjoy it]
Questo, quindi, è stato un po' il disco che mi ha fatto prendere il via con il rap. Durante l'estate vado per la prima volta a Parigi e lì il rap è particolarmente sentito: il reparto ad esso dedicato è circa dieci volte quello dei nostri negozi. Vengo a sapere che nel 1999 era anche uscito un album di Dr. Dre, il suo secondo album da solista. Si intitola 2001: ci sono featuring di Em, Xzibit, Nate Dogg, Snoop Dogg, Defari, Devin-The-Dude, Mary J. Blige, Kurupt e chi più ne ha più ne metta. Non lo compro, non ho abbastanza soldi. Poi, tornato in Italia non riesco a trovarlo ma "compro da internet, ve lo ricordate il mitico Napster?, alcune canzoni tra cui Forgot About Dre con Eminem e Still D.R.E.. E vi faccio vedere proprio questa. Ce ne sarebbero tante altre. Adesse che ci penso c'è tutto l'album da ascoltare con il volume al massimo. I subwoofer vi ringrazieranno. Vi lascio con questa splendida canzone e dal suo altrettanto splendido video: donne, macchine, hip hop, sole, mare. It'z tha West Coast, it'z Calishizzle!

martedì 18 settembre 2007

Bang your head

«Bang ya head!!!
E’ un microfono, un mc, un 1200, un Mpc, un Fat cap, man!
Bang ya head!!!
Le mie Nike, i miei Baggy, le mie tag, i vinili per la jam, man!
Bang ya head!!!
Un’altra canna, un altro cognac,un rappuso nel tuo cypha con la fotta,man!
Bang ya head!!!
Un nuovo banger nelle cuffie di un B-boy, è l’hiphop man, l’hip hop man, l’hip hop man!»
Bassi Maestro


Continuiamo la storia del rap dal mio punto di vista, ovvero secondo la mia storia. Ebbene, dopo il 1996 e l'album dei Fugees, venne l'album "Così Com'è" degli Articolo 31 e la celeberrima "Tranqi Funky". Di quell'album sono piacevoli da ascoltare: "2030", "Funkytarro", "Domani", "Un Urlo", "Latin Lover" e "Non C'è Rimedio". Insomma, quasi tutte.
Dopo gli Articolo 31 segue un periodo di riflessione, nel senso che compro varia robaccia, tra cui la colonna sonora di "Men In Black", un cd di Shola Ama (bello) e altre cose che non c'entrano con l'hip hop. Ma questo a causa della mancanza di fondi, ovvero, poche lire a disposizione (il denaro entrava nelle mie tasche se prendevo bei voti. Ma siccome non ne prendevo...). Tuttavia ricordo che il 1997 è stato un anno molto intenso: la morte di Notorious BIG a marzo provocò una serie di celebrazioni in tutto il mondo che condannavano le cosiddette rap wars, visto che a settembre 1996 un altro pilastro dell'hip hop morì a causa di diversi colpi di pistola: 2Pac. Comunque, si partiva con "I'll Be Missing You" di Puff Daddy con le partecipazioni della ex-moglie di BIG, Faith Evans, e di Sting. Da qui si passava a "Turn It Up" di Busta Rhymes (link nella sidebar), "Ghetto Supastar" di Pras (uno dei Fugees) con i featuring di Mya e ODB (morto anch'esso da un paio d'anni). Di quegli anni è anche l'album di Nas, "It Was Written", dove è contenuta la canzone "If I Ruled The World" con il featuring di Lauryn Hill (quella dei Fugees). Prima di farvela ascoltare, alcune parole su questo brano: si era in gita a Feltre, in prima superiore, nel maggio del '97 e un tizio di un'altra classe aveva quest'album. Noi maschi, così come le ragazze, eravamo tutti in uno stanzone e questo album suonava nottetempo. Ecco .
perché mi piace tuttora. Ma eccovela.


PS: la vera canzone comincia dopo un minuto circa.
Comunque, nel 1997 è uscito anche un grande album di Mariah Carey, Honey. Da questo vi faccio sentire la canzoncina che dà il titolo al cd, nella versione remix con i featuring di The Lox (Jadakiss e Styles P) e Mase. Da notare che questo brano è prodotto da Puff Daddy che si intravede nel video. Due parole su Puffy: molti oggi lo considerano un inetto, uno che è solo capace di far festa, spendere soldi di qua e di là, storie con donne e storie di vario genere. Ma dovete sapere che è stato lui a lanciare Biggie (a.k.a. Notorious BIG) e averne prodotto la maggior parte delle canzoni. Inoltre Sean "Puffy" Combs è un grande show-business-man e, a mio avviso, scrive e produce della roba valida. Forse non lo è l'ultimo album, Press Play, ma sicuramente fino al The Saga Continues ha fatto la storia del rap. E per provarvelo guardatevi il video di Biggie, Juicy, nella sidebar. Occhio a giudicare.
Beh, adesso ascoltatevi e godetevi la bella Mariah.



La prossima volta parleremo di Pac e di Biggie, di P. Diddy, di Snoop Dogg, di Dr. Dre, di Eminem e di come questa gente ha cambiato l'hip hop. Mostri, davvero.

lunedì 17 settembre 2007

Il mio primo album

Lasciamo da parte la QM per un momento e parliamo di musica. Come ben sapete io amo l'hip hop. Certo, mi piace anche il rock, il blues e il soul. Ma se veniste in camera mia e guardaste i miei cd, vi accorgereste che il 90% recano sulla copertina questo simbolo. Lo so, anche alcuni cd rock ce l'hanno, ma sono soprattutto quelli di rap. E perché amo il rap? Vedete, sul rap si è detto molto e si continua a parlarne: negli ultimi anni, non capisco come mai, lo si sta facendo conoscere anche qui in Italia. E così affiorano al grande pubblico nomi come Fabri Fibra, Nesli (che è suo fratello), Mondo Marcio e altri tipi del genere. Inutile dire che questa gente faceva hip hop ben prima che uscissero i loro album per le grandi case discografiche. Pensate che io ho comprato il primo album di Mondo Marcio direttamente dalle sue mani nel 2004 per 10 euro. Così ci si guadagna da vivere nell'underground. Ma sto divagando. Prima di immergermi nella discussione del rap italiano, volevo farvi conoscere meglio questo genere. E siccome la storia del rap la trovate dappertutto - basta digitare "hip hop" in Google - io ho deciso di raccontarvela dal mio punto di vista. Here we go.

Il primo video che vi propongo è quello che mi ha fatto avvicinare al mondo dei 4/4, ovvero la splendida "Ready or not" dei Fugees. Due parole su questo brano: correva l'anno 1996 ed ero in campeggio a Cortina d'Ampezzo, quanto un amico - per altro più piccolo di me - entra nella mia tenda e dice "Oh, metti su questo", e mi mette nelle mani un cd con le facce di tre tipi e una scritta "Fugees - The Score". "Metti la 3", dice. Non ne ho potuto farne più a meno. Beh, adesso ascoltatela e alzate il volume: ne vale davvero la pena.


Visto che ci siete, ascoltate anche "FU-GEE-LA" e "Killing Me Softly". Diavolo, di quell'album ce ne sono di canzoni da ascoltare! Oltre a quelle appena citate ci sono: "How Many Mics", "The Score", "No woman no cry", "Manifest/Outro". Quanti ricordi. Bello. Niente da dire. A me l'hanno regalato quell'album: il mio primo vero album hip hop! E' un cimelio e consumato fino all'osso. Ma ogni volta che lo riascolto, diavolo, mi viene la pelle d'oca.

domenica 16 settembre 2007

Questione di probabilità

Dunque, eravamo rimasti che dovevo illustrarvi brevemente l’interpretazione alquanto contro-intuitiva trovata da Feynman per spiegare lo strano comportamento delle particelle quantistiche. Ebbene, esiste un esperimento, simile a quello effettuato da Young per la luce, che si spiega perfettamente con l’ipotesi di Feynman. In pratica supponete di avere a disposizione un marchingegno che vi spari elettroni a tutto spiano; mettete ad una certa distanza dalla sorgente una lastra di un qualche materiale sulla quale, preventivamente, vi avete praticato due fenditure piuttosto piccole, ma non troppo. Dietro a questa lastra mettete un bel rivelatore, che può essere anche un semplice schermo oppure qualcosa di più sofisticato. Ebbene, se accendete il macchinario e andate a vedere cosa c’è sul rivelatore noterete la stessa figura di interferenza che aveva trovato Young a suo tempo con i fotoni. Beh, direte voi, nulla di nuovo visto che alcuni post fa ci avevi detto che gli elettroni si comportano allo stesso modo della luce. Sì, è vero, ve l’avevo detto. Ma non vi avevo detto il perché. L’interpretazione delle particelle come onde e viceversa funzionava molto bene negli anni ’20-’30 e tutti parlavano di onde di probabilità, funzioni d’onda eccetera. Gli esperimenti confermavano la teoria e tutti erano contenti, o quasi. Einstein, per esempio, che fu uno dei padri fondatori della QM avendo trovato la giusta spiegazione dell’effetto fotoelettrico, non accettò mai la visione probabilistica che la QM obbligava ad avere. “Dio non gioca a dadi”, commentò.
Ma vediamo come Feynman rivoluzionò la QM dando vita alle teorie quantistiche di campo. Prendete il macchinario di prima e supponete di tappare un buco. Necessariamente gli elettroni passeranno tutti nell’altro; così avviene anche se tappate l’altro buco. Tuttavia, quando li apriamo entrambi, succede che l’elettrone che passa da una fenditura influenza quello che passa nell’altra: le due onde interferiscono tra loro e dove l’interferenza è positiva abbiamo un massimo nell’onda di probabilità (e quindi possiamo “localizzare” l’elettrone), altrimenti c’è un minimo e non troviamo nessun elettrone (in altre parole, la probabilità di trovarlo in quel punto è trascurabile). E questa è una cosa abbastanza strana, di per sé, figuriamoci cosa succederebbe se qualcuno dicesse che l’elettrone, prima di arrivare sul rivelatore, percorre tutte le traiettorie possibili simultaneamente per poi scegliere quella che più gli piace. Sì, avete capito bene: tutti i percorsi possibili. Feynman quindi assegna ad ogni traiettoria una probabilità (chiamata
ampiezza di probabilità), e la probabilità che un elettrone arrivi in un punto preciso del rivelatore è data dalla somma su tutti i cammini possibili per arrivarci. In gergo questa somma si dice integrale di Feynman. Ma come conciliare questo fatto con la nostra esperienza, ovvero per gli oggetti macroscopici? Ebbene, anche per questo c’è una spiegazione: mentre per l’elettrone le probabilità di percorrere una traiettoria diversa da quella rettilinea sono sì piccole ma diverse, comunque, da zero, nel caso degli oggetti macroscopici le ampiezze di probabilità assegnate a ciascuna traiettoria fanno sì che si elidano tra di loro lasciando quella più probabile. Capiamo quindi che i due approcci, quello delle funzioni d’onda da una parte e la formulazione di Feynman dall’altra, sono perfettamente equivalenti dal punto di vista quantitativo, ma sono essenzialmente due modi diversi per capire come stanno le cose: in certe situazioni una o l’altra possono essere determinanti. E la formulazione di Feynman è determinante per la QFT, che cominceremo a vederla già dal prossimo post.
Intanto ecco un breve riassunto di quanto abbiamo detto fin qui sulla QM.
  • La QM dice che sia la materia sia la luce sono costituite da unità discrete dette quanti. I quanti di luce sono i fotoni.
  • A ciascuna particella è associata un’onda; il quadrato della funzione d’onda rappresenta la probabilità di trovare la particella in un certo punto dello spazio.
  • Non si può determinare con precisione la traiettoria della particella dal punto di partenza a quello di destinazione: dobbiamo tenere conto di tutti i possibili cammini e sommarne le relative ampiezze di probabilità.
  • Il principio di indeterminazione di Heisenberg ci proibisce di sapere con precisione sia la velocità della particella sia la sua posizione. Inevitabilmente il processo di misurazione influenza una o l’altra grandezza.
  • La QM è essenzialmente una teoria probabilistica: non sappiamo predire esattamente il verificarsi di un certo evento, ma possiamo dire solamente con quale probabilità l’evento ha la possibilità di avvenire.
  • Per farci un’idea di come funziona il mondo microscopico dobbiamo abbandonare definitivamente ogni concetto classico e del senso comune e andare a considerare ogni ipotesi possibile (probabile).
La QFT ci darà modo di chiarire qualche aspetto di quelli sopraccitati e scoprire altre stranezze che non ci saremo mai aspettati potessero accadere nella realtà.

sabato 15 settembre 2007

Un Live


Sì, insomma, ieri sera siamo andati da Duilio a vedere i Catarrhal Noise. Come al solito, hanno dato il meglio di se in quanto a volgarità e a scemenze di ogni tipo. Ma noi li amiamo proprio per questo, dico bene? Alcune ragazze, tanto carine quanto ubriache, pogavano senza tregua con tutti i maschi lì presenti: questi ultimi non hanno avuto pietà di loro, come c'era da aspettarsi. Ma le parti migliori del concerto sono state le perfomances live di Duilio, che si è cimentato nei suoi tre cavalli di battaglia, ovvero: Duilio Via Festa, Duilio Sio Gan e Foxy Duilio. Barzellette di ogni tipo e genere - anche se quasi tutte, no, che dico, tutte a sfondo sessuale - hanno infervorato il pubblico salzanese. Da segnalare, inoltre, la presenza sul palco di due fanciulle per le consuete storielle di Bisime e Basime. Insomma, un grande evento con un'affluenza straordinariamente elevata di persone. Soprattutto ruij, come si fanno chiamare. A chiudere la serata ci hanno pensato due tizi che, giunti fin là con un trattore e un motocoltivatore, hanno dato spettacolo facendo il burnout con i loro mezzi sul selciato del parcheggio del locale.

giovedì 13 settembre 2007

Dannata indeterminazione!


Bene, dopo una pausa di qualche giorno, continuiamo a parlare di QM. Diciamo che abbiamo quasi finito, manca l'ultimo argomento e spero di spiegarvelo bene (cioè che voi tutti possiate capirlo).
Il secondo ingrediente della QM è stato introdotto negli anni ’30 da Werner Heisenberg il quale disse, sotto valide dimostrazioni matematiche, che non possiamo conoscere contemporaneamente la posizione di una particella, come l’elettrone, e la sua velocità. Gli esperimenti, ancora una volta, gli danno ragione. Il principio di indeterminazione di Heisenberg ha delle conseguenze importanti per la QM. Discutiamone alcune. In primo luogo esso non si applica soltanto a posizione e velocità, ma anche ad altre grandezze quali, ad esempio, energia e tempo: non è possibile conoscere contemporaneamente l’energia di una particella e il suo luogo “temporale” (cioè, conoscendo l’energia, non sappiamo rispondere alla domanda: quando?). C’è da sottolineare che il principio di indeterminazione per l’energia ed il tempo non è lo stesso di quello per le posizioni e velocità: mentre nel secondo caso abbiamo a che fare con coordinate in uno spazio ben preciso (il piano cartesiano formato da posizione e velocità si chiama spazio delle fasi), nel primo caso abbiamo di fronte due parametri. Tuttavia il significato fisico non cambia. Prendiamo un attimo in considerazione il principio di indeterminazione secondo la sua formulazione originaria: aldilà dell’espressione matematica, questo principio dice che se in un qualche modo riuscissimo a misurare, ad esempio, la velocità di un elettrone, non potremmo mai sapere dove sia. Lo stesso accade nel senso opposto: se misurassimo la sua posizione, non sapremmo mai a che velocità sta andando. Questo ha una conseguenza importante e ve la spiegherò con questo esempio. Prendete una scatola di dimensioni arbitrarie e metteteci dentro un elettrone. Supponete ora di voler misurare la sua posizione all’interno della scatola. Non avendo a disposizione un metro potete fare la cosa seguente: ritagliate le pareti della scatola e cominciate ad avvicinarle fra di loro. E’ come la pressa che hanno dove demoliscono le auto. In linea di principio, quindi, se voi idealmente riusciste a “pressare” l’elettrone tra le pareti, sapreste subito dire dove si trova. E invece non potete. Quello che accade quando voi mettete in moto la vostra pressa è questo: l’elettrone, non si sa come, si accorge che state avvicinando le pareti e comincia a muoversi sempre più freneticamente man mano che la pressa lo costringe in uno spazio più piccolo. Nemmeno portando le pareti attaccate le une alle altre riuscirete a farlo star fermo: durante il suo moto guadagnerebbe talmente tanta energia che quando ha le pareti a ridosso, lui, sapete che fa? Ebbene sì: ci passa attraverso! E così, voi che con il vostro pensiero “classico” pensavate di mettere l’elettrone nel sacco, lui, che è un diavolo quantistico, ve lo mette in quel posto e scappa via, lontano da voi e da quella maledetta pressa artigianale. In gergo, questo fenomeno di attraversamento delle barriere si chiama effetto tunnel. Tutto ciò non vi sembra strano? Ma questo non è il solo aspetto della QM a suscitare reazioni di stupore come la vostra. Sempre in base al principio di indeterminazione, abbiamo appena visto come le particelle quantistiche siano sempre in movimento, accelerando quando si cerca di fermarle. Ebbene, possiamo generalizzare la cosa e dire che il vuoto, inteso come entità nella quale nulla esiste, non esiste. O meglio, il vuoto per come lo intendiamo noi, non è affatto vuoto. Anzi, esso è un continuo brulicare di scontri, esplosioni, bolle e chi più ne ha più ne metta. Questi fenomeni che hanno luogo nel vuoto si chiamano fluttuazioni quantistiche. Non mi addentrerò nel dettaglio, ma per ora vi basta sapere questo. Ma se tutto ciò non vi ha ancora minimamente scosso, sicuramente l’interpretazione della QM trovata da Richard Feynman vi farà venire qualche dubbio e, forse, strabuzzerete gli occhi cadendo pericolosamente all’indietro dalla sedia.
Nel prossimo post farò una sorta di riassunto per fissare alcuni concetti importanti che è bene ricordarsi per il proseguo della nostra, seppur effimera, trattazione.

mercoledì 12 settembre 2007

Un giro dalle mie parti

Era da un po' che volevo farlo. Volevo parlavi un po' delle zone in cui vivo, ciò che significano per me. Cosa significa guardarsi attorno e non accorgersi della bellezza di alcuni posti che ho davanti agli occhi. Ecco quindi che faccio una pausa nel mio racconto della QFT e vi porto nei luoghi dove, da ormai 18 anni, vivo. E che modo migliore c'è, se non farlo attraverso le foto: parlano da sole. Così, oggi pomeriggio, un bel pomeriggio di sole, mi sono preso due orette libere e, in sella alla mia bici, ho fatto un giretto. Questo è quello che è venuto fuori.

Distesa di pannocchie, pronte per essere raccolte.



Chiesetta #1.



Un campo, un fosso e una strada



Il famoso Passante di Mestre attraversa i campi



Chiesetta #2



Sembra un campo ma è ancora il Passante



Piantagioni di soia



Una strada piuttosto dritta



Un viale



Distributori automatici



Una volta qui c'era un mulino



Un campo appena trebbiato e, sullo sfondo, un vigneto



Una strada e un campo



Aldilà degli alberi, il Sole



Ancora piantagioni di soia



Il Sole si abbassa



Una via tra le pannocchie



Un uccello (forse airone) appollaiato



Anche qui, una volta, c'era un mulino



E dopo tanti campi, una bella centrale elettrica



Una via



Qui un tempo c'erano validi ciliegi



Il tramonto si avvicina: è ora di tornare a casa

Così, dopo poco più di sedici kilometri, sono rientrato. Cosa ve ne pare? Sapete, è bello viaggiare: vedere il mondo è una delle cose che arricchiscono una persona credo più della cultura che studiamo nei libri. Però, dopotutto, io credo che si sta bene anche a casa propria. Almeno per quanto mi riguarda.

martedì 11 settembre 2007

09/11

Before:

After:


09/11/01 - 09/11/07

lunedì 10 settembre 2007

Stranezze microscopiche

Dunque, per proseguire il discorso sulla QM farò la seguente cosa: siccome rischio, al mio solito, di divagare un po’ troppo, riporto alcuni passi illuminanti contenuti nel capitolo Stranezze microscopiche del libro di Brian Greene L’Universo Elegante. Se quindi volete avere più delucidazioni sulla cosa vi consiglio di darvi una bella letta (non solo) al capitolo (ma anche al libro intero) in questione.
«La sola cosa che è certa è che la meccanica quantistica ci mostra senza ombra di dubbio che alcuni concetti basilari nel mondo macroscopico perdono ogni significato a livello atomico e subatomico.»
«Planck aveva compiuto un passo fondamentale. Ciò che convinse gli scienziati della bontà della sua teoria fu il fatto che questa era in straordinario accordo con i dati sperimentali. Bastava regolare un parametro della sua nuova equazione […]; si trattava del fattore di proporzionalità tra la frequenza di un’onda e il suo pacchetto minimo di energia. Planck ne calcolò il valore – oggi noto come costante di Planck – e scoprì che era minuscolo: […] implica che i pacchetti minimi d’energia sono altrettanto piccoli.»
«Planck non sapeva come giustificare la sua parcellizzazione dell’energia [ecco Filippo! NdA.]. […] Nel 1905 Einstein scoprì la chiave del mistero, e per questo fu insignito del premio Nobel nel 1921.»
«La sua idea arrivava da un’altra parte, in particolare dai suoi studi sul fenomeno noto come effetto fotoelettrico. [Quando la radiazione elettromagnetica colpisce alcuni metalli, questi emettono elettroni. NdA.] […] Studiando i dati sperimentali, Einstein ipotizzò che l’idea di Planck dei “pacchetti” fosse applicabile anche alla luce. Secondo la sua teoria, un raggio luminoso deve essere pensato come un fascio di particelle […]. Un elettrone fugge dalla superficie metallica se viene colpito da un fotone abbastanza carico di energia. […] La frequenza della luce, cioè il suo colore, determina la velocità degli elettroni emessi, mentre l’intensità luminosa ne regola il numero.»
«La luce ha proprietà sia corpuscolari sia ondulatorie. Nel mondo microscopico dobbiamo abbandonare il buon senso, che ci dice che un oggetto è un’onda oppure una particella, e contemplare la possibilità che sia entrambe le cose.»
«Nel 1923 un giovane francese di nobili origini, Louis de Broglie, gettò nella mischia quantistica una nuova idea […]. De Broglie ipotizzò che la dualità onda-particella non si dovesse applicare solo alla luce, ma anche alla materia. Il ragionamento era più o meno questo: la relatività ristretta aveva collegato la massa all’energia con la formula E = mc^2, mentre Planck ed Einstein avevano messo in relazione l’energia con la frequenza delle onde; combinando le due cose, si può pensare che anche la massa abbia una “incarnazione” ondulatoria. […] Così come la luce è un fenomeno ondulatorio che può essere descritto in modo ugualmente valido da una teoria particellare, un elettrone che è comunemente inteso come un particella potrebbe avere specularmente una descrizione altrettanto valida in termini di onde.»
«[Studiando i risultati dell’esperimento di Davisson e Germer, siamo portati a concludere che] ogni elettrone ha in sé una caratteristica ondulatoria, insieme con la consueta descrizione particellare.»
«Qui ci siamo concentrati sugli elettroni, ma esperimenti analoghi mostrano che tutta la materia si comporta a questo modo. […] Poiché la costante [di Planck] è minuscola, lo sono anche le lunghezze d’onda risultanti, se viste alla scala della nostra esperienza quotidiana; ecco perché la dualità si mostra solo con complesse investigazione del mondo microscopico.»
«Ma di cosa sono fatte queste onde? Erwin Schrödinger avanzò l’ipotesi che le onde fossero elettroni “spalmati”. […] Nel 1926 Max Born propose un’idea molto più raffinata di quella di Schrödinger […]. Ecco cosa dice: l’onda di un elettrone deve essere interpretata in termini probabilistici. La probabilità di trovare un elettrone in un certo posto dipende dall’ampiezza dell’onda associata.»
«La particella non è “spalmata” qua e là, ma esistono molti posti dove essa si potrebbe trovare con probabilità non nulla.»
«Pochi mesi dopo de Broglie, Schrödinger fece un passo decisivo in questa direzione trovando l’equazione che governa la forma e il comportamento delle onde di probabilità, o funzioni d’onda, come furono battezzate. […] L’universo della QM è sempre governato ad rigorosi formalismi matematici, che però ci possono dire solo la probabilità con cui un evento futuro potrà accadere, non quale sarà il futuro.»

domenica 9 settembre 2007

La nascita della QM

Sapete, giustamente alcuni post fa mi è stato detto che alcuni argomenti “fisici” che ho scritto ultimamente sono un po’ incomprensibili. In effetti, rileggendoli, mi sono accorto che è davvero così. Ad esempio, quasi tutti parlano della fisica delle particelle elementari, più o meno, e ho menzionato la teoria che ci sta alla base, ovvero la teoria quantistica dei campi (QFT). Tuttavia, a parte qualche spiegazione vacillante nel post sulle interazioni fondamentali, non ve l’ho illustrata a dovere. Quindi, cari amici non-fisici, prestate bene attenzione perché adesso mi propongo proprio questo. Come al solito cercherò di trattare la cosa nel modo più semplice possibile, anche facendo tesoro di quanto mi è stato detto. Bene, allacciate le cinture: stiamo per partire per un viaggio che ci porterà davvero distanti. Distanti dai concetti che siete abituati ad usare quotidianamente; abbandoneremo ogni senso comune del dove, del quando, del come e perfino del perché. Let’s go.
Dunque, per spiegarvi ben bene la QFT dobbiamo fare qualche passo indietro e occuparci della sua versione “classica”, la Meccanica Quantistica (QM). Mi sa che in questo post parleremo soltanto di questo. Siccome il modo più facile di spiegare un concetto astratto è di partire da una sua applicazione facilmente verificabile nel quotidiano, comincio con qualche esempio (spero) semplice.
Anzi, farò così: vi porrò delle domande che forse vi siete fatti ma che non avete saputo dargli una risposta. Innanzitutto, la più ovvia: che cos’è la luce? Provate a pensarci: cosa mai potrà essere? Quando accendete la lampada del vostro salotto, vi siete mai chiesti come mai prima era scuro e adesso è chiaro? Certo, la risposta è: diavolo, è chiaro: ho acceso la luce! Sì, ma perché la luce fa luce e non fa, ad esempio, ancora più scuro? Perché non colora tutto, ad esempio, di rosso? E, visto che ci siamo, che cosa sono i colori? Sono tutte domande legittime, se non conoscete la QM. Voglio dire, se io non so dell’esistenza della QM, non c’è nessun motivo valido perché la luce non possa fare buio! Potreste dire, se vi documentaste, che la lampada fa luce non-buia perché il filamento di tungsteno, sfruttando l’effetto Joule, diventa incandescente e rilascia un fascio luminoso. Certo, ma così avete aggirato il problema perché vi siete concentrati sul funzionamento della lampadina (che emette luce) piuttosto che sul funzionamento della luce (emessa dalla lampada). Ebbene, vi dico, la luce è un grande insieme di particelle. Ma andiamo per ordine.
Durante il XVIII secolo un certo Isaac Newton mise in evidenza la natura particellare della luce indagando i fenomeni di riflessione e rifrazione (la riflessione della luce e la sua rifrazione sono i tipici comportamenti delle particelle durante urti elastici e anelastici). Verso la seconda metà dell’800, con la scoperta dell’elettricità, si cominciarono ad effettuare degli esperimenti con luce artificiale per verificarne la vera natura. In particolare, un tipo chiamato Young dimostrò che, sotto certe condizioni, la luce si comportava come un’onda esibendo le ben conosciute figure di diffrazione e interferenza. Quindi, in alcuni casi la luce si dimostrava essere un’onda e altre volte, invece, sembrava essere costituita da particelle. E questo, per via dei risultati a cui tali esperimenti conducevano, è stato causa di un dibattito piuttosto accanito tra chi sosteneva che la luce fosse onde o particelle; si parlò pertanto di dualità onda-particella. Ma, come da sempre accade in Fisica, arrivò qualcuno che tagliò la testa al toro, dimostrando una volta per tutte che la luce è particelle: questo tizio risponde al nome di Max Planck. Quello che costui ha fatto è stato quello di prendere le equazioni che fino ad allora governavano la luce (quelle di Maxwell) e le altre onde elettromagnetiche (tipo i raggi X e gamma, gli ultravioletti e gli infrarossi, le microonde e le onde radio) e “modificarle” per rendere conto della loro natura particellare. Quello che è venuto fuori è la nota legge di corpo nero: la luce emessa dalle lampadine è approssimativamente descritta da questa legge fondamentale. In pratica, vi chiederete, cosa ha cambiato Planck? Ebbene, lui ha avanzato la geniale proposta che la luce viene trasmessa in pacchetti ben definiti: la luce emessa dalla vostra lampadina non è bianca e basta. Essa è bianca perché è la sovrapposizione di tanti di questi pacchetti, ognuno caratterizzato da un colore diverso. Ecco quindi che possiamo rispondere alla domanda “che cosa sono i colori?”. L’idea è estremamente semplice: se disponeste di uno strumento adatto (detto spettrografo) vi accorgereste che la luce della lampada è composta da tantissimi colori: c’è il rosso, il giallo, il verde, il blu e così via. Ogni colore fa parte di un ben preciso pacchetto, caratterizzato da alcune proprietà che lo distinguono dall’altro. Se pensate ad un’onda, parliamo della sua lunghezza d’onda. Se pensiamo ad una particella, parliamo della sua energia. Vedetela come volete, basta che abbiate capito il concetto: a seconda dell’energia di questi pacchetti, abbiamo un colore piuttosto che un altro. Pertanto, l’energia trasportata dalla luce è costituita da quantità discrete, dette appunto quanti di energia. In particolare, siccome ci sono anche altri tipi di quanti, come vedremo, quelli che portano luce si chiamano fotoni. Capite quindi la rivoluzione di Planck: questo qui ha spezzato le fondamenta della Fisica fino ad allora conosciuta dicendo che, almeno nel caso della luce, l’energia è quantizzata. Nasce in questo contesto la Meccanica Quantistica e continuerò a parlarvene un’altra volta, se ne avete voglia.

Non so se quanto ho detto qui lo sapevate già, amici non-fisici, ma, vi prego, ditemi se dico banalità che già conoscete: vi (mi) evitereste un sacco di post noiosi e potremmo, finalmente, occuparci della QFT.

sabato 8 settembre 2007

Ma davvero è così?

In quanto segue farò una riflessione che non riguarda le mie idee politiche. Tutto parte da giovedì, quando Gio mi ordina di accompagnarlo a vedere il film “Sicko” di Michael Moore. Ora, la mia idea di cinema (inteso come edificio) si basa sul fatto che un film visto al cinema deve suscitare emozioni più forti di quando si vede un film alla TV. So che non sarete d’accordo, ma, cosa volete, io la penso così. Quindi io non sarei mai andato a vedere quel film di mia spontanea volontà, né nessun altro film che non contenga un esagerato uso di effetti speciali. Ma Gio mi ha tanto stressato la vita che alla fine, da buon amico, l’ho accompagnato. Siccome è un film-documentario, privo di trama, dico di che cosa parla per poi fare alcune riflessioni. Segue quindi la descrizione del film senza pareri di carattere politico: riferisco ciò che riferisce il film (che tuttavia rappresenta spiccatamente una parte politica, la solita).
Dunque, negli anni ’70 è stata fatta una riforma per la sanità negli USA: in pratica sono state istituite le compagnie assicurative sanitarie che permettono, a chi ne è cliente, di farsi curare senza spendere un dollaro. Sì, perché lì, a differenza nostra, non ci sono ospedali e strutture pubbliche (come le USL o USSL o ASL o come si chiamano) ma solo ospedali e cliniche private. Se non si è assicurati presso una di quelle compagnie, si rischia di pagare migliaia di dollari per far curare anche il più stupido dei mali. Sempre stando a ciò che dice Moore, questo sistema presenta delle grosse magagne: in primis il fatto che le compagnie assicurative fanno di tutto per abbassare i costi e aumentare i profitti, negando le cure anche a chi è assicurato. Eh sì, perché se fortunatamente riuscite a venire assicurati, non è detto che all’insorgere di una malattia possiate venire anche curati. (Apro qui una parentesi dicendo che – riporto sempre i dati forniti da Moore e lascerò a dopo i commenti – per poter essere assicurati, tra le altre cose, bisogna dimostrare di non aver avuto in passato malattie che possano compromettere la vostra salute. Oltre a malanni quali diabete, malattie contagiose eccetera, c’è una lista incredibilmente lunga di malattie pre-esistenti. Sembra che se a 5 anni ti è venuto un raffreddore, allora adesso non puoi venire assicurato.) Insomma, queste compagnie vanno a cercare il pelo nell’uovo nella vostra “storia clinica” e cercano di inchiappetarvi dove possibile. Moore sostiene che per questi motivi sono morte molte persone. Questo è quanto. Alcune riflessioni.
  • Partendo dal fatto che non conosco i numeri e le statistiche e che probabilmente Moore ha gonfiato per mettere in rilievo queste problematiche, mi chiedo (sempre se è vero quello che Moore afferma) come la gente possa sopportare di vivere in questa maniera. Con l’idea che se ti ammali non sai né se guarisci e, peggio, neanche se puoi venire curato.
  • Mi sembra strano, inoltre, che dopo trent’anni queste cose vengano fuori solo adesso. O meglio, mi chiedo come mai la gente non è scappata da qualche altra parte, viste le condizioni in cui, pare, deve vivere.
  • Prendo un momentino le distanze da quanto espone Moore. Non per pareri politici, ma per un dato di fatto puro e semplice. Nel film ti vogliono far credere che, sotto il punto di vista sanitario, la vita negli USA è pessima. Posso anche crederci. Ma mi pare strano che tutta la popolazione statunitense soffra di questi (reali?) problemi. Nel film Moore si concentra su una decina di casi e dice che quando ha chiesto al popolo americano chi avesse riscontrato problemi con l’assistenza sanitaria, gli hanno risposto in trenta mila persone. Certo, è un bel numero in sé: ma non dobbiamo dimenticarci che negli USA ci abitano circa trecento milioni di persone. Capite bene che è solo lo 0.01% della popolazione. E l’altro 99.99%?
  • Ma se disgraziatamente negli USA è così per davvero, mi viene da affermare senza nessuna ombra di dubbio che qui in Italia siamo in paradiso (nonostante ci vogliano un paio di mesi per farsi delle radiografie, almeno non si pagano centinaia di migliaia di euro).
Che ne pensate?

NB: sottolineo ancora una volta che non voglio creare polemiche di carattere politico. Diavolo, così come io ho il diritto di farmi curare, anche gli altri ce l’hanno, indipendentemente se sono di destra, centro, sinistra o quant’altro. Spero che siate d’accordo con me su questo punto.

mercoledì 5 settembre 2007

Alcune info

Alcune info:
  • Ho creato un nuovo account su Flickr.com che mi permette di inserire le foto che voglio e non è dello zio Bill. Purtroppo, però, non si possono creare più di tre set (tre gruppi di foto insomma) con l'account gratuito. Quindi, cosa mi consigliate di fare? Tengo quello dello zio Bill oppure vi arrangiate e vi guardate il tutto su quello nuovo? Ad ogni modo vi lascio l'indirizzo web per vederle. Questo. Ho utilizzato i 3 set a disposizione per le foto di Barcellona, Spagna e NYC. Ce ne sono anche altre, quelle della sezione "Amici & Co." del blog di MSN. Ditemi cosa preferite.
  • Ho finito di studiare il libro di Struttura ma scommetto quello che volete che il prof. ha fatto almeno altri 4 argomenti. Si accettano scommesse su quali siano. Lui torna a Padova dopo il 10/09, quindi fino a quella data sono "disoccupato". Ecco perché mi diletto con le foto.
  • Fra poco accompagno mio fratello ad un allenamento di basket in un paese che non so dove si trova. 'Mo guardo su Google Earth.
  • C'era un'altra cosa che volevo dire ma me la sono scordata. Beh, a risentirci.
PS: vi piace se tengo questo font? Quello di prima mi ha stufato. Nel senso che mi ha stancato.

martedì 4 settembre 2007

Una birra

Che storia, quella lì. Proprio una gran storia, devo ammetterlo. Però una cosa devo dire: io l'avrei scritta in un modo diverso. Sì, perché se guardiamo bene, il finale dovrebbe essere più commovente o che so io. E invece cade nel banale, nell'ovvio. Ma, dico io, è possibile che ci hai messo tutto quel tempo e non sei riuscito a concludere niente? E dire che eri partito pure bene. Certo, so che a volte manca l'ispirazione e scrivi solo per far passare il tempo; e le idee, poi, non ci sono neanche: che fine hanno fatto tutti quei discorsi che mi facevi un tempo? Ma, cavolo, da metà storia in poi è tutto così. Direi che l'idea di base l'avevi anche colta, diciamo che come al solito sei andato un po' fuori tema, ecco tutto. Ma sì, ti dico che è bella quella storia; sì, mi piace; sì, potrebbe far anche un discreto successo. Però, ripeto, in ultimo mi cadi un po'. La vedrei bene come una sceneggiatura di un film, di quelli con molti effetti speciali: sì, quelli con tantissimi effetti speciali perché se non ci metti quelli da metà film in poi gli spettatori si addormentano. Lo so, lo so: non ti meriti tutte queste critiche. Però tu mi hai chiesto un parere e io te l'ho dato. Non devi prendertela se ho alcuni appunti da farti: io cerco solo di fare il mio mestiere. E, guarda, te lo dico da amico e da non-scrittore: dovresti fare qualcosa per il finale. Lo so che è difficile ormai, però tu provaci. Del resto io rappresento il lettore-medio: non occupandomi per lavoro di letteratura, il mio mestiere è tutt'altro, io leggo con occhio distaccato. Almeno cerco di farlo quando tu mi metti sotto il naso certi manoscritti come questo. Ma te lo dovevo proprio dire: il finale va cambiato, secondo me. E poi, scusa, se non ascolti quello che ho da dire in proposito, come speri di conquistare una fetta più grande di pubblico? Dammi retta: rileggi bene tutto quanto e cerca di farti venire qualche altra idea. Dai, ma quanto può durare questa "crisi dell'ispirazione"? Cerca di farti venire in mente le sensazioni che provavi quando hai iniziato l'opera. Dovrebbe funzionare così. E poi ascoltati, leggiti e cerca di farlo in modo distaccato. Insomma, fa come vuoi basta che adesso andiamo a berci una birra.

domenica 2 settembre 2007

Uno contro uno

Ecco, ci risiamo: di nuovo quella fitta. Diavolo, sapevo che sarebbe tornata a farmi del male ma non avrei mai pensato così presto. E chissà perché poi, dato che non ho neppure memoria dell'ultima volta che ti ho vista. Però forse l'ho colto nell'aria, forse il suono di una canzone che credevo di aver dimenticato o forse uno sguardo che mi ha lanciato una persona per strada oggi, uno sguardo che era esattamente come il tuo, stessi occhi, stessa espressione di tristezza e gioia assieme. Ci risiamo, un'altra volta. Diavolo no, non è possibile. Perché devi farmi questo? Stavo così bene: potevo parlare di fisica, di simmetrie e studiare le strane proprietà del Cosmo senza distrarmi un granché. Ma tu ce l'hai nel sangue vero? Tu vuoi proprio vedermi piegato, no? Perché non è possibile, diavolo, questo proprio non è possibile. Perché, vedi, io sto come al mio solito scrivendo questo ma tanto chissà dove sei ma del resto chi se ne frega. Sì, hai sentito bene: ho detto chi se ne frega. E posso anche ripeterlo: chissenefrega. Guarda, l'ho anche scritto tutto attaccato. Sì, perché non me ne importa niente. Non mi importa dove sei, cosa stai facendo, con chi sei né con chi sei stata né con chi starai. Però, devo ammetterlo, sono un po' curioso. Ma devo resistere. Diavolo, ho fatto degli errori in passato che sicuramente non mi riprometto di ripetere, ho fatto scelte a volte discutibili, a volte folli, a volte guardo indietro e vedo questa scia di errori che mi sembra dire "non ti lasceremo scampo". Ma so anche che il passato ormai è andato e non ci si può fare niente. Dicono di imparare dal passato, ma come si può imparare da qualcosa che non esiste più? Ecco, vedi, tu mi fai questo effetto. Mi riempi la vita di domande, ma perché lo fai? Cos'è che vuoi sapere da me? Se mi dici che vuoi ti prometto che te lo darò, però dopo basta e lasciami in pace. Ci sono giorni in cui cammino sui tetti ma dopo pochi passi mi ritrovo in cantina. Certo, ti starai chiedendo cosa significa questa cosa che ho appena scritto. Ebbene, non lo so. Posso tentare di spiegartelo ma sei sicura di capirlo? Sì, dai, la domanda è piuttosto un'altra. Cosa dici se andiamo a farci un giro eh? Ti va? C'è quella gelateria in centro che, se non ricordo male, era una tra le tue preferite, vero? Eh, certe cose me le ricordo ancora! Come dici? Ma no che non ho preso appunti! Come faccio a ricordarmi tutto? Beh, me lo ricordo ecco tutto. Forse perché i momenti belli sono quelli che conservo con più cura, oppure perché è difficile dimenticare persone come te. O forse ho solo una buona memoria. Sì, deve essere per forza questo. A che gusto lo vuoi il gelato? Vedi, non mi ricordo i tuoi gusti. Io prendo un cono con cioccolata e menta. Come? Non ti piace la menta? Io non potrei mai stare assieme ad una a cui non piace la menta. Ma sì, certo che sto scherzando. Lo so che noi non stiamo assieme, cosa credi? Non sono così suonato, dopo tutto. Diavolo, dopo tutto quello che abbiamo passato assieme, come fai a dire così? Ecco ci risiamo: perché mi tratti così? Sì, forse quella volta ho esagerato, non lo metto in dubbio. Ma me l'hai detto tu che devo cercare la mia dimensione, che devo saper accettare certe cose. Ma, diavolo, è normale se alcune cose faccio fatica ad accettarle. Guarda, non parliamone, che è meglio. Perché? Ma ti ricordi quello che ti ho detto quella volta? Quella storia della scatola. Ma certo, adesso capisco, non mi stavi ascoltando vero? Ecco, ci scommettevo. E' sempre così. Sono venticinque anni che non mi si ascolta. La gente parla tanto ma non ascolta. Al massimo ascoltano se stessi. E' stata una sassata, sì, una gran sassata. Ma lo superata sai? Oh sì, certe volte di notte, prima di prendere sonno, mi accade di ricordare quel giorno e ci sono sere in cui rido, altre invece che mi addormento mentre la maggior parte delle volte mi viene nostalgia. Sì, io sono così: e devi metterti il cuore in pace. Ormai ho capito come sono io: vivo aggrappandomi al passato. Ma poco fa ho detto che il passato non esiste in quanto è passato, allora che mi resta? Ecco, mi senti? Mi sto facendo domande più grandi di me, mentre tu probabilmente nemmeno mi ascolti e starai pensando, forse, che fra poco ti scade il disco orario del parcheggio. Ho indovinato vero? Immaginavo. Dai, lascia che almeno ti accompagni alla macchina. Ma dove l'hai messa? Ah, beh, ci vorranno al massimo dieci minuti, non preoccuparti. Era buono il gelato? Il mio era un po' amarognolo, soprattutto il cioccolato. Ma la menta era buonissima. Ma come fa a non piacerti la menta? Ascolta, ma perché non mi ascolti quando ti parlo? Scusa, ma cosa dovrei dire? Allora, mettiamo bene in chiaro alcune cose. Primo, tu mi fai delle domande e io, educatamente, ti rispondo. Secondo, se non vuoi sentirmi, non farmi domande. Terzo, perché mi hai chiesto di vederci? Diavolo, è un controsenso assurdo: mi chiedi di vederci e poi non ascolti quello che ho da dire. Diavolo, e pensare che me ne stavo tanto bene l'altra sera mezzo storto disteso sull'erba a cantare a squarciagola canzoni di cui non conoscevo le parole. E mi sembra che tu stia facendo lo stesso adesso con me. Lascia stare, non voglio saperne niente. Tu non mi ascolti? E perché dovrei farlo io? Guarda, siamo arrivati, quella deve essere la tua macchina, vero? Dai, ti saluto che si è fatto tardi e poi non ha senso stare qui. Ciao.