venerdì 21 settembre 2007

Andar per campi


Bene, visto che he vi piace la storia del rap, adesso riprendiamo un attimo il discorso della QFT. Premetto che non ne so molto, ma spero ugualmente di darvi le linee generali. Essenzialmente la nascita delle teorie quantistiche di campo è da attribuirsi, fra gli altri, a Richard Feynman. Non è quindi da sorprendersi se leggendo il suo libro, QED, si capisca tutto quanto meglio. Se però non l'avete letto (cosa che io vi consiglio assai), questo post - e forse altri - è fatto proprio per voi. Innanzitutto, visto che si parla di campi quantistici, è bene dare una definizione di campo usata in fisica. Per questo motivo farò un breve excursus storico. Fino alla metà dell'800, si pensava che le forze (come quella gravitazionale, elettrica e magnetica) fossero trasmesse istantaneamente da qualsiasi punto dello spazio. Tuttavia, come potete ben immaginare, era difficile pensare che, ad esempio, la forza tra due calamite si trasmettesse istantaneamente tra i due corpi. Diavolo, come è possibile? Se ad esempio io applico una forza ad un certo oggetto (ovvero lo spingo) esso si muove: per forza, l'ho toccato! Ma nel caso delle calamite, non c'è contatto: la forza agisce anche senza toccare fisicamente i due oggetti. Per questo motivo, ma anche per altri, fu introdotto il concetto di etere: l'etere era in pratica una sostanza che permeava tutto l'Universo e serviva appunto come mezzo per trasmettere le forze. Così, invocando la presenza di questa fantomatica entità, i fisici potevano garantire un filo logico alle osservazioni. Tuttavia le cose non stanno così, per fortuna. Einstein, con la sua teoria delle relatività ha demolito l'etere e ha introdotto il concetto innovativo di campo. Per la verità questo l'aveva già fatto Maxwell nella seconda metà dell'800 con le sue equazioni dell'elettromagnetismo. Comunque, dopo la relatività, si è adottato il concetto di campo i varie circostanze: campo gravitazionale, elettrico, magnetico sono solo alcuni esempi. Poi però ci sono anche altri tipi di campi: ad esempio il campo di temperatura, quello di densità eccetera. Ovviamente c'è una differenza fondamentale con il campo gravitazionale e quello di temperatura, e la vedremo più tardi.
Ma come funziona un campo? Prendiamo ad esempio il campo elettrico. Supponete di avere a disposizione uno stanzone completamente vuoto; non c'è neppure l'aria: è proprio vuoto. Adesso supponete di avere una pinzetta quantistica e di riuscire a isolare un minuscolo elettrone e di metterlo al centro della stanza; abbiamo quindi uno stanzone vuoto con un bell'elettrone al suo interno. L'elettrone, essendo l'unica particella presente, non interagisce con niente e se ne sta lì bello tranquillo (se non considerate gli effetti quantistici che vedremo più avanti) dove l'avete messo. Provate adesso a inserire un altro elettrone e posizionatelo nelle vicinanze del primo: diavolo, vedrete i due elettroni schizzare via in direzioni opposte. Come ben sapete, essi si respingono. Ma cosa è successo realmente? Beh, il primo elettrone, quello che se ne stava beato e pacifico, crea un campo elettrico attorno a se: la sua carica è come se fosse distribuita nello spazio circostante con una legge inversamente proporzionale alla distanza dall'elettrone. Per questo vi ho detto di porre il secondo elettrone nelle vicinanze del primo: se lo mettevate dall'altro lato della stanza, non avrebbe avuto nessun effetto, o comunque qualcosa di davvero trascurabile. Ma quando il secondo elettrone si avvicina al primo, risente del suo campo elettrico. Ma anche il secondo elettrone ha un suo campo elettrico, giusto? Quindi, quando i due campi interagiscono, almeno classicamente, ciascun elettrone risente del campo dell'altro e l'effetto complessivo è quello della repulsione. E così avviene anche per due protoni e, in generale, per due cariche dello stesso segno. Due cariche di segno opposto, invece, si attraggono. Questo è il funzionamento, a grandi linee, di un campo elettrico classico. Vedremo la prossima volta qual'è la differenza fondamentale tra l'elettrodinamica classica e quella quantistica ed estenderemo questo metodo ad altri campi di forza quantistici.

Nella figura: interazione elettrica classica tra due cariche dello stesso segno. Le cariche sono le palline rosse, ovviamente, mentre le linee gialle si chiamano linee di campo e sono in ogni punto tangenti al campo elettrico.


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6 commenti:

Anonimo ha detto...

io quel libro ho tentato di leggerlo, ma è una dei pochi libri che non ho finito.

Anonimo ha detto...

io quel libro ho tentato di leggerlo, ma è una dei pochi libri che non ho finito.

Deezzle ha detto...

E invece dovresti proprio finirlo. Ma premetto che ne comprenderai il vero significato dopo che realmente sai di cosa il buon Richard sta parlando. Del resto è sempre così. Perdona la grammatica (assente) di queste frasi.

sushi john ha detto...

dio che titolo!

Anonimo ha detto...

tranquillo io non so cosa sia la grammatica,quindi, non sussiste problema

Deezzle ha detto...

Dehehehehehhheh...