lunedì 27 ottobre 2008
Fiction
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sabato 25 ottobre 2008
A Venezia con il CCI
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mercoledì 22 ottobre 2008
1 - Grande Unificazione
Apparentemente, infatti, l'interazione elettromagnetica e quella debole non hanno niente in comune: la prima ha un raggio d'azione infinito, è mediata da particelle senza massa (i fotoni) che interagiscono con qualsiasi cosa che possieda carica elettrica e non producono nessun cambiamento, tantomeno violano qualche simmetria. Al contrario, l'interazione debole ha un raggio d'azione ancora più piccolo di quello dell'interazione forte, è mediata da particelle con una massa molto elevata e, durante le interazioni, violano la parità.
Tuttavia, nonostante tutte queste differenze, entrambe possono essere descritte con la teoria dei campi (QFT), la quale sostiene che la forza viene portata da delle particelle che vengono emesse e assorbite. In QFT, ve l'avevo già detto, l'intensità della forza tra due particelle è proporzionale all'ampiezza di probabilità di ciascun evento (in un processo semplice abbiamo tre ampiezze: quella per l'emissione del mediatore, quella del mediatore stesso e quella dell'altra particella che assorbe il mediatore). In questo tutte le teorie delle interazioni fondamentali si assomigliano. Quindi un semplice ragionamento potrebbe essere quello di dire: forse l'ampiezza per l'emissione di un W non è poi così diversa da quella per l'emissione di un fotone, solamente che, essendo il W molto massiccio, non fa molta strada e non viene scambiato così di frequente come il fotone. Anche se sembra superficiale, questo semplice ragionamento sta alla base dell'idea di unificazione elettrodebole.
Infatti, l'idea di base della QFT applicata alle interazioni fondamentali costituisce quelle che si chiamano teorie di Yang-Mills, nelle quali una particella si trasforma in un'altra con l'emissione o l'assorbimento di un bosone di gauge. E' evidente, quindi, che entrambe queste interazioni possono essere descritte con questo formalismo.
Ora, c'è ancora una cosa da fare: assegnare un gruppo di simmetria, dal momento che la scelta del gruppo determina il numero di bosoni di gauge che prendono parte all'interazione. La prima proposta è stata di adottare il gruppo SU(2), ma non funzionava perché l'interazione debole ha delle leggi di simmetria un po' più strane di quelle del suddetto gruppo. Allora, l'altra scelta più semplice era il gruppo SU(2) x U(1), che fondamentalmente è come SU(2) ma con qualche trasformazione di simmetria in più.
Tale gruppo presenta subito una difficoltà: ammette cioè un bosone di gauge aggiuntivo, chiamato Z. La teoria vincola l'esistenza di questo bosone e dice che se viene scambiato uno Z, la particella non cambia ma viene violata la parità ugualmente. Insomma, lo Z è come il fotone ma in più esso viola la parità.
A questo punto c'era ancora una questione da risolvere: essendo una teoria di gauge, si richiedeva che i bosoni di gauge fossero con massa nulla, così come nel caso del fotone. Ci voleva qualcosa che donasse massa ai bosoni di gauge e quel qualcosa non era altro che la rottura spontanea di simmetria: il nostro meccanismo di Higgs.
Weinberg e Salam, indipendentemente, hanno applicato tale meccanismo alle teorie elettromagnetica e debole e, nel modo che vi ho spiegato l'altro giorno, riuscirono a far diventare massivi i W e Z e allo stesso tempo mantenere invariata la situazione per il fotone.
In particolare il fotone, il W e lo Z sono fratelli, solo che gli ultimi due per energie basse sono massivi perché intercettati dal campo di Higgs, mentre il primo non risente di tale campo, essendo la carica del fotone elettrica e quella dell'Higgs debole.
Avendo notato questo, che le interazioni elettromagnetiche e quelle deboli sono in realtà la stessa cosa a energie elevate, ci si è chiesto, in un modo abbastanza naturale, se anche l'interazione forte potesse rientrare in questo schema. In effetti, siccome le costanti di accoppiamento non sono affatto costanti ma dipendono dall'energia, è plausibile cercare un punto d'unione tra le tre teorie. L'energia richiesta per questa unione è veramente altissima, si parla di circa un milione di miliardi di GeV (10^15 GeV).
Vogliamo dunque riunire il fotone, il W, lo Z e gli otto gluoni in una singola teoria di Yang-Mills. I primi tre sono descritti dal gruppo SU(2) x U(1), mentre gli altri sono guidati dal SU(3). Il primo gruppo trasforma due oggetti in altri due oggetti, mentre il secondo trasforma tre oggetti in altri tre. Basta fare 3 + 2 = 5. Eccolo: SU(5).
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Etichette: fisica teorica, grande unificazione, su(5)
martedì 21 ottobre 2008
Tic/tac
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domenica 19 ottobre 2008
Il meccanismo di Higgs
Poiché non è ancora stata osservata tale particella, non si conosce l'esatta forma del campo ad essa associato, quindi sono stati proposti, negli anni, diversi modelli per il meccanismo di Higgs. Io nel seguito farò riferimento sempre alla spiegazione che ho trovato in quel libro, in quanto è l'unica che ho capito a fondo – assieme ad una trattazione semplificata (ma neanche tanto) fatta a lezione.
Supponiamo che esistano dei campi di Higgs in grado di produrre particelle e che possano avere un valore diverso da zero anche in assenza di particelle. Siamo cioè in una condizione di falso vuoto, per ricollegarmi con qualche post fa. Supponiamo che la carica trasportata da questi campi sia una carica debole: il fatto di avere un valore diverso da zero del campo significa che lo spazio è completamente riempito con questa carica debole. Tale carica è quindi la carica del vuoto.
I bosoni di gauge deboli interagiscono con questa carica debole, come fanno con tutte le altre cariche deboli. Quindi, la carica del vuoto impedisce ai bosoni di gauge deboli di trasmettere le forze a grandi distanze. Dovete immaginare che la carica debole sia spalmata in maniera molto sottile, cosicché a distanze corte i bosoni di gauge sono liberi di muoversi perché incontrano poca carica debole. Ma su grandi distanze, la carica debole che incontrano è sempre di più ed è come se fossero bloccati. Quanta carica incontrano dipende dalla densità di carica che dipende a sua volta dal valore del campo di Higgs. Quindi, per bosoni di gauge deboli di bassa energia è impossibile percorrere lunghe distanze.
L'ostacolo che si oppone al moto di questi bosoni deboli ci dice che essi si comportano come se avessero massa: la presenza della carica debole diversa da zero ostacola il viaggio dei bosoni di gauge deboli e fa sì che essi si comportino proprio come dovrebbero, in accordo con le osservazioni. In pratica è come se ci fosse una forza d'attrito viscoso tra il bosone e il pavimento dello spazio in cui si muove, tale per cui la particella viene frenata e si comporta come se avesse una massa diversa da zero. Ciononostante, per piccole distanze – leggi per alte energie – il cammino dei bosoni di gauge non viene interrotto perché la carica debole del campo di Higgs non influisce sui bosoni.
La simmetria viene cioè conservata per distanze brevi (alte energie) ma viene rotta spontaneamente per distanze elevate (basse energie), che è proprio quello che ci voleva per la risoluzione del nostro problema.
E' possibile stimare l'energia alla quale avviene la rottura di simmetria attraverso i bosoni di gauge stessi: se la loro energia è superiore ad un certo valore, la simmetria viene rispettata e non ci sono problemi; se invece la loro energia diminuisce, la simmetria si rompe e i bosoni acquistano massa. E' dunque evidente che l'energia a cui avviene tale transizione deve essere dello stesso ordine di grandezza della massa dei bosoni di gauge deboli, ovvero di circa 100 GeV (in particolare essa è 250 GeV).
Finora ho parlato solamente di bosoni di gauge deboli, ma questi ragionamenti valgono anche per i leptoni e i quarks. Anch'essi, alle basse energie, vengono “frenati” dal campo di Higgs e, oltre questa soglia, si comportano come se avessero massa nulla. Se lo desiderate, posso scrivere qualche post su questo argomento, e far vedere come le tre interazioni fondamentali si riuniscano in un contesto ben più grande: la Grande Unificazione. Vedremo perché il gruppo SU(5) è un valido candidato per questo insieme di teorie ma che pone dei problemi in più, come ad esempio la presenza di altri due bosoni sconosciuti.
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Etichette: fisica teorica, meccanismo di Higgs, rottura di simmetria
venerdì 17 ottobre 2008
Sulla rottura di simmetria, III pt
In fisica si traduce questo concetto dicendo che le soluzioni finali non hanno lo stesso grado di simmetria di quelle iniziali, ma l'azione conserva la simmetria. Tra l'altro, nell'esempio della matita, abbiamo infinite soluzioni tutte con la stessa energia e si dice perciò che c'è degenerazione.
La rottura spontanea di simmetria è particolarmente importante nella fisica delle alte energie, in quanto esiste un meccanismo, che fa uso di questi concetti, che permette di spiegare l'origine delle masse delle particelle contenute nel Modello Standard (MS). Tale meccanismo è il famosissimo meccanismo di Higgs e in questo post vedremo di cosa si tratta. Ovviamente per conoscere a fondo tale meccanismo è necessario possedere una conoscenza approfondita delle teorie di gauge, quelle teorie che ammettono una simmetria di gauge. Vediamo se riesco a spiegarlo in un modo comprensibile. Per far ciò, prenderò spunto dal libro “Passaggi Curvi” di Lisa Randall, uscito qualche anno fa.
Prima di occuparci del meccanismo di Higgs, è bene soffermarsi sul perché bisogna richiedere una rottura di simmetria e anche sui problemi che una rottura di questo tipo può creare.
Come ho detto in altre occasioni, una delle tre forze fondamentali descritte dal MS fa uso di bosoni di gauge massivi ed è l'interazione debole. Le altre due interazioni – elettromagnetica e forte – usano bosoni con massa nulla, il fotone e i gluoni rispettivamente. Le masse dei bosoni di gauge deboli sono molto elevate (circa 100 GeV) e implicano un raggio di interazione molto corto (questo è dovuto alla teoria quantistica dei campi, che connette la massa ad energia (con la relatività) e energia alla coordinata radiale (con il principio di indeterminazione)).
Le teorie quantistiche dei campi come la QED funzionano solamente per bosoni di gauge aventi massa nulla: se così non fosse, è possibile dimostrare che tali bosoni interagirebbero più del 100% delle volte, che ovviamente è un'assurdità (significa che interagirebbero più spesso che sempre!). Questo lo possiamo capire con il seguente ragionamento: tutti sappiamo che le onde elettromagnetiche oscillano nelle due direzioni perpendicolari alla direzione del moto (polarizzazione trasversale) ed essendo nient'altro che fotoni, cioè particelle a massa nulla, viaggiano costantemente alla velocità della luce. I bosoni di gauge deboli, invece, hanno una massa diversa da zero, per cui possono, in linea di principio, anche starsene fermi. In questo caso c'è una polarizzazione aggiuntiva, ovvero quella longitudinale, cioè parallela alla direzione del moto. Non c'è nessun principio che vieti questa polarizzazione. Tale direzione aggiuntiva è il motivo per cui ci sarebbero veramente troppe interazioni.
Introdurre una simmetria interna per fare in modo che non avvengano queste troppe interazioni è possibile ed è quello che è stato fatto in QED per evitare che il fotone ammettesse anche la polarizzazione longitudinale. La simmetria diventa cioè un indicatore che ci mette in condizione di decidere quali siano le quantità degne di osservazione, e scartare tutte le altre. Viene quindi naturale introdurre una tale simmetria anche nel caso dell'interazione debole: cioè una simmetria in grado di eliminare la terza polarizzazione che produce interazioni infinite alle alte energie, confrontabili cioè con la massa dei bosoni di gauge. Tuttavia c'è un grosso problema: tale simmetria escluderebbe certo i risultati assurdi, ma eliminerebbe anche la massa dei bosoni di gauge. Serve quindi un meccanismo che risolva questo problema, ovvero che mantenga la massa ma tolga la polarizzazione aggiuntiva. Questo è il meccanismo di Higgs e sarà oggetto della prossima puntata.
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Etichette: fisica teorica, meccanismo di Higgs, rottura di simmetria
giovedì 16 ottobre 2008
Nuove generazioni
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domenica 12 ottobre 2008
Sulla rottura di simmetria, II pt
Le rotture spontanee di simmetria che interessano a noi sono transizioni da uno stato di falso vuoto ad uno di vero vuoto. Vi starete chiedendo la differenza tra queste due entità. Quando in fisica quantistica si parla di vuoto, si intende lo stato con la più bassa energia, che necessariamente non contiene particelle. Ora, questo vale in meccanica quantistica non relativistica. Ma nella teoria dei campi lo stato di una particella è descritto da un campo, ovvero da un potenziale, che può assumere vari valori, dando origine all'energia della particella associata. Sotto questo punto di vista è possibile che tale potenziale presenti una forma tale per cui esistono più minimi, ovvero punti nei quali l'energia ha il valore più basso. Essendoci diversi minimi, dunque, è naturale aspettarsi che non tutti siano uguali. Infatti è così: soltanto uno è il minimo vero, quello in cui l'energia del campo è realmente la più bassa. In quel caso si parla di vero vuoto, mentre in presenza di minimi relativi si ha un falso vuoto. Quest'ultimo, in letteratura, viene anche chiamato stato metastabile del vero vuoto, nel senso che un certo sistema può starsene tranquillo nello stato di falso vuoto, ma può anche cadere nello stato di vero vuoto. Perciò il sistema non è stabile, ma neanche instabile: è metastabile.
Detto questo, proviamo a visualizzare meglio questo concetto, che è intimamente legato alla rottura spontanea di simmetria. Immaginate di trovarvi sulla cima di una collina; supponete che tale cima sia piuttosto ampia, per cui voi, che siete nati lì e vissuti lì, credete di stare in pianura. Di questo avete anche la conferma: guardando attorno a voi vedete delle colline più alte, assieme a delle montagne. Quindi, se non conoscete altro che quel posto, concludete di abitare in pianura. Un giorno, visto che non avete nulla da fare, decidete di spingervi fin dove muore la vista. Non siete mai stati così lontani da casa. Ad un tratto, verso la fine della giornata, notate che il prato volge lentamente in basso. Seguite il sentiero, sempre in discesa, attraverso un piccolo bosco finché, dopo qualche ora, raggiungete una radura nella quale c'è un piccolo laghetto. A questo punto, vi voltate e restate allibiti: la cima della collina da dove siete partiti è qualche centinaio di metri sopra di voi. Improvvisamente realizzate che fino ad allora non avevate capito nulla.
Ecco, questa piccola storiella è esattamente come il falso e il vero vuoto: la cima della collina dove avete vissuto fino a quel giorno è il falso vuoto, poiché vi sembra di stare nel punto più basso. La radura con il laghetto, invece, è il vero vuoto, poiché è quello il punto più basso. Non è da escludere che ci siano posti ancora più in basso.
Seguendo questa analogia possiamo dire che una particella può trovarsi in uno stato di falso vuoto e restarci quanto le pare, fintanto che le condizioni lo permettono. E qui entra in gioco la rottura spontanea di simmetria.
Per spiegarvi di cosa si tratta faccio un altro esempio. Prendete una matita, disegnate un cerchio perfetto su un foglio e supponete di poter mettere la matita al centro del cerchio perfettamente in equilibrio sulla sua punta. Ovviamente è una situazione che non è destinata a durare, perciò, dopo una frazione di secondo, la matita cadrà sul foglio, in una direzione non prevedibile. La simmetria originaria ora si è rotta spontaneamente. Chiaramente la fisica che descrive la caduta della matita è la stessa per tutte le direzioni, ma non lo è la simmetria globale finale.
Allo stesso modo, si possono verificare delle condizioni per le quali la nostra particella lasci lo stato di falso vuoto e scenda al valore di vero vuoto. Ma da qui in poi ce ne occuperemo nel prossimo post.
Scritto e prodotto da Deezzle alle 19:00 2 commenti
Etichette: fisica teorica, rottura di simmetria
venerdì 10 ottobre 2008
Sulla rottura di simmetria, I pt
Come in tutte le cose, specialmente in ambito scientifico, prima poterci occupare dell'argomento in questione, è bene ricordare o introdurre il concetto di simmetria in fisica (che poi non si discosta molto da quello comune). In qualche post passato vi ho detto che le leggi della natura e i fenomeni che esse descrivono godono di alcune simmetrie. Quindi la domanda è: cosa intendi con questo? Ad esempio: prendete la legge del moto rettilineo uniforme, ovvero la legge “velocità uguale spazio fratto tempo”. Se invertite il segno di questa relazione, le cose non cambiano: la velocità resta sempre il rapporto fra spazio e tempo. L'operazione dell'inversione del segno corrisponde, fisicamente, ad una inversione spaziale, ovvero è come guardare la stessa scena attraverso uno specchio. Altro esempio: la vostra faccia è la stessa se riflessa specularmente, solo che appare invertita da come lo è in realtà. Si parla pertanto di simmetria speculare. Altro esempio: prendete ora una sfera, del colore e dimensione che preferite. Essa gode, oltre della simmetria speculare, anche di quella rotazionale: di qualsiasi angolo ruotate la sfera, in qualsiasi direzione (si legga: rispetto ad ogni asse di rotazione), la sfera rimane sempre uguale.
Insomma, da questi due esempi abbiamo imparato che una certa simmetria in fisica è una proprietà di alcune leggi (fenomeni), la cui descrizione prima e dopo la trasformazione rimane la stessa. Tale trasformazione si dice trasformazione di simmetria, come è ovvio.
Vi ho parlato soltanto delle simmetrie speculari e rotazionali, ma in fisica, soprattutto nella fisica delle particelle e dei campi, ce ne sono molte altre, sicuramente più difficili da capire e da trattare in maniera semplice in un blog. Ma di questo ve ne avevo già parlato altre volte: ricorderete infatti tutti i discorsi sulle simmetrie di gauge, di coniugazione di carica, di parità, di colore e chi più ne ha più ne metta. In questa sede basta che sia chiaro il ruolo delle simmetrie in fisica.
Detto questo, passiamo alla fase successiva. Le simmetrie che abbiamo trattato possono non durare in eterno. Se con un coltello tagliamo la sfera a metà, essa non sarà più simmetrica per tutte le rotazioni di un qualsiasi angolo, ma solo rispetto ad alcune specifiche rotazioni attorno ad altrettanto specifici assi. Si dice che così facendo il coltello ha rotto la simmetria.
Questo per spiegarvi il concetto, cari amici non-fisici. Niente di complicato fin qui, dunque. Ebbene, in fisica ci sono molti modi per rompere una simmetria, soprattutto quando si ha a che fare con quantità astratte come campi di forza, particelle virtuali e altre entità alquanto fantasiose. Ad esempio, avrete sicuramente usato una calamita per prendere qualche pezzettino di ferro. Ora, il ferro – o sostanze simili che prendono il nome di sostanze ferromagnetiche – ha la proprietà che se preso così, da solo, i suoi atomi mostrano “orientazioni” casuali. Supponete di vedere un atomo come tutto il sistema di nucleo + elettroni attraversato da un'asticciola avente una punta che è rivolta in su e la direzione di questa asta e il verso della freccia sono diversi da atomo ad atomo. L'asticciola con la freccia si chiama dipolo magnetico. In una sostanza non magnetizzata tutti i dipoli magnetici (che sono tantissimi) sono orientati a caso. Prendendoli insieme possiamo fare una specie di media e dire che il pezzo di ferro presenta una simmetria rotazionale (rispetto ai dipoli magnetici). Infatti un dipolo diretto a 180° a destra e uno a 180° a sinistra si mediano a zero, e così pure per tutti gli altri. Quindi, magneticamente, se ruotate il pezzo di ferro non dovreste notare differenze.
Adesso avvicinategli una calamita: a seconda del polo di questa, il pezzo di ferro viene attratto o respinto dalla calamita. Ma questo lo sapete già, cari amici non-fisici. Quello che forse non sapete è che nel pezzo di ferro i dipoli magnetici si orientano tutti nella stessa direzione. Quindi la simmetria, in questo caso, non è più quella di prima. In particolare si dice che il grado di simmetria si è abbassato in quanto la simmetria originaria è stata rotta in un'altra che ha condizioni più stringenti. Questo fenomeno – l'abbassamento del grado di simmetria di un certo sistema – prende il nome di transizione di fase.
Ora, vi sono vari tipi di transizioni di fase che portano ad un abbassamento del grado di simmetria. Quindi esistono varie possibilità per rompere una simmetria, possibilità che si dividono in due categorie: rotture spontanee di simmetria o rotture indotte. Questo significa semplicemente che in una rottura spontanea di simmetria avviene una transizione di fase spontanea che produce un abbassamento del grado di simmetria. Nel caso di rottura indotta, significa che il fenomeno è prodotto da una qualche causa.
Prossimamente entrerò più nel dettaglio per quanto riguarda la rottura di simmetria nella fisica delle particelle elementari, rotture intimamente connesse con l'origine dell'Universo e che sono alla base delle proprietà atomiche della materia.
Scritto e prodotto da Deezzle alle 09:56 5 commenti
Etichette: fisica teorica, rottura di simmetria
martedì 7 ottobre 2008
Amarezza
Scritto e prodotto da Deezzle alle 21:22 7 commenti
Winners
And the winner is...
- Yoichiro Nambu, "for the discovery of the mechanism of spontaneous broken symmetry in subatomic physics";
- Makoto Kobayashi and Toshihide Maskawa, "for the discovery of the origin of the broken symmetry which predicts the existence of at least three families of quarks in nature".
Scritto e prodotto da Deezzle alle 12:30 12 commenti
Etichette: premio nobel 2008
sabato 4 ottobre 2008
Notizie sparse
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