mercoledì 14 novembre 2007

Gauge Transformers

Quindi, dal momento che è mercoledì, scrivo un post che parla un po' di quella bella fisichetta teorica che tanto ci piace. Perché ci piace, vero? E poi, è anche da un sacco che non ve ne parlo, quindi trovo giusto spendere qualche parolina in più.
Dunque, la volta scorsa avevamo detto che il passaggio dalla descrizione classica del campo elettromagnetico a quella quantistica si effettua per mezzo dei principi variazionali. Avevamo anche accennato alle conseguenze di questi principi, soprattutto ho menzionato il fatto che la minimizzazione di una certa quantità provoca necessariamente una conservazione di qualche simmetria. Questo è proprio da dove si parte per costruire la teoria quantistica dei campi.
A questo punto, prima di procedere, è bene che vi ricordo un paio di cosette riguardanti le simmetrie, ovvero le trasformazioni. Ora, le trasformazioni che si possono applicare in fisica sono essenzialmente di due tipi: quelle più semplici da capire sono le trasformazioni globali, ovvero quando si applica il cambiamento in tutti i punti dello spazio (e, implicitamente, si assume che tale cambiamento avvenga anche in contemporanea nel tempo, cosa non propriamente vera). Poi ci sono le trasformazioni locali, per le quali il cambiamento avviene in ogni punto dello spazio (e, talvolta, possono dipendere dal tempo). Le trasformazioni che ci interessano sono quelle che lasciano invariate le equazioni del campo elettromagnetico dopo il cambiamento. Se ciò accade, è possibile dimostrare che le equazioni di Maxwell sono invarianti rispetto a queste trasformazioni, che si dicono trasformazioni di gauge. Questo tipo di invarianza, detta appunto invarianza di gauge, è di fondamentale importanza per la QFT (quantum field theory) per cui è bene spenderci qualche parolina a riguardo.
Per partire da un esempio relativamente semplice, prendiamo il campo elettromagnetico classico. Ebbene, si dice che le equazioni che descrivono il campo sono gauge-invarianti se, dopo una trasformazione di gauge, i campi elettrico e magnetico, rimangono gli stessi. C’è a questo proposito una riflessione molto simpatica e altrettanto semplice da fare sulle equazioni del buon Max: combinando tra di loro un paio di queste equazioni, si arriva alla bella equazione di continuità, ovvero un’equazione che stabilisce in un certo senso la conservazione della carica. Precisamente, dice che il tasso di diminuzione (aumento) della carica in un certo volume è dovuto precisamente al flusso di corrente che esce (entra) dal volume. In pratica dice che carica che entra = carica che esce. Tuttavia questo non è esattamente così: tutto dipende dal volume che considerate. Se prendete, ad esempio, un camion tipo betoniera, e le vostre cariche sono biglie (preferisco quelle di plastica con le figurine dei calciatori... diavolo, ma ve le ricordate? Che figata. Che le facciano ancora?), allora questo è senz’altro vero. Ma adesso, se al posto della betoniera prendete un volume uguale a quello di una biglia, cosa succede? Beh, ovviamente il processo di conservazione non vale più, almeno localmente: prima avevate la biglia e adesso non c’è più - anche se sarà da qualche altra parte. Questo, in termini di cariche, si dice affermando che l’equazione di continuità implica una conservazione locale della carica. Globalmente è vero che la carica si conserva, ma localmente no. Mi scuso se mi sono dilungato in questo passaggio abbastanza noioso ma è importante separare bene i due concetti di invarianza locale e globale. L’invarianza di gauge è locale: si cambiano localmente i valori dei campi elettrici e magnetici e questi risulteranno, dopo la trasformazione, uguali a quelli di partenza. Quindi ci si aspetta che l’invarianza di gauge sia in qualche modo collegata alla conservazione della carica, dal momento che l’equazione di continuità viene proprio dalle equazioni di Maxwell che sono gauge-invarianti. Ovviamente è così, altrimenti non starei qui a parlarvene. Tuttavia la cosa non è così immediata, come vedremo.
Infatti è chiaro che una trasformazione locale richiede delle condizioni decisamente più restrittive rispetto a una globale. Ora, siccome avremo a che fare con quantità molto piccole, è bene chiedersi se valga l’invarianza di gauge anche per l’equazione di Schroedinger o no. Ebbene no, l’equazione di Sch. non è gauge-invariante. Ma le cose non vanno malissimo: l’equazione di Sch. ha il bel pregio di mantenere la stessa forma dopo un cambiamento di gauge, ma quello che è cambiato è la funzione d’onda, che ora sarà fatta in modo diverso. Per questo si dice che l’equazione di Sch. è gauge-covariante. Quindi la domanda è: come è fatta la nuova funzione d’onda? E’ possibile dimostrare, smanettando come dei deficienti con contacci, che la nuova funzione d’onda è uguale a quella vecchia moltiplicata per un termine esponenziale contenente “un pezzo” della trasformazione di gauge. Per essere più preciso dovrei dire che le due funzioni d’onda sono legate da una trasformazione di fase che, per definizione di fase stessa, è locale.
Ricapitolando, i campi elettrici e magnetici sono invarianti rispetto a trasformazioni di gauge; ma essi entrano anche nell’equazione di Sch. (per mezzo del cosiddetto potenziale vettore e potenziale scalare, che sono legati ai campi magnetici ed elettrici) e questa è gauge-covariante, essendo che mantiene la stessa forma purché venga effettuata una trasformazione di fase nella funzione d’onda originaria.
Beh, come vedete ci siamo quasi: abbiamo sviluppato quasi tutte le idee che ci serviranno poi per la QFT. Mi manca soltanto di dirvi l’ultima cosa sulle invarianze di gauge e poi siamo pronti per partire definitivamente. Restate con me: non ve ne pentirete.
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- Qui per approfondire.
- Qui, anche se la prende dal mio libro.
- Un sacco di altre robe (basta cercare "gauge transformation", "gauge invariance" eccetera su Google).

6 commenti:

sushi john ha detto...

...la prende dal mio libro... tu sei I.J.R. Aitchison o Anthony J.G. Hey? =P

Filippo il mulo ha detto...

Gauge significa "calibro", visto che lo chiedi nelle label... ;)
Comunque sei proprio forte, Dee, nel "campo" della QFT (e qui tutti dovreste ridere). Sei forte, dicevo. Come l'aceto balsamico. Di Modena. Ponti.
Devi andare all'ICTP a Trieste. Sei sprecato lì dove sei. Pensaci per il dottorato.

Deezzle ha detto...

Sì Sushi: io sono Aitchinson. E anche Hey se ti fa piacere.
Filippo, certo che ci penso, ma sai com'è quando uno viene da Astronomia...

Anonimo ha detto...

certo che ci piace :)

Anonimo ha detto...

Sei troppo forte.

Deezzle ha detto...

Hhh... no... hhh... hhh... hhh... hhh...