martedì 22 luglio 2008

Changes #1

Max uscì di casa che era quasi scuro. La luce rossa del tramonto si rifletteva sulle finestre dei palazzi e le nuvole rosa conferivano un'atmosfera di sangue alla città. Quella città in cui si era trasferito da poco ma che già odiava dal profondo del cuore.
Lavorava in una fabbrica siderurgica poco distante da casa, in piena periferia. Le alte ciminiere, i grossi camini fumanti 24 ore su 24, la ferrovia che passava lì accanto con lo stridere fastidioso dei treni e gli alti palazzoni delle case popolari, lo facevano sentire triste, malinconico. Era così distante la sua vita di adesso da quella di un tempo: quando ancora viveva con i suoi genitori in una bella casa in collina e il sorgere del sole la mattina presto illuminava pian piano l'intera valle e, da camera sua, se la giornata era limpida, riusciva a scorgere il fiume che, dopo alcune curve, spariva dietro ad un colle. Spesso si domandava, guardando le acque azzurre del fiume, cosa ci fosse dietro quel colle. Trovava buffo che in vent'anni non avesse mai scoperto quel segreto. Quanto desiderava farlo adesso!
Salì sul tram delle 21.30, affollato di operai che, scuri in volto come lui, si recavano in fabbrica per il turno di notte. Max cercava di farsi dare il turno di notte il più spesso possibile, così aveva il pomeriggio libero ma soprattutto qualche euro in più rispetto ai 1000 standard. Tuttavia non gli andava male lo stipendio base: abitava da solo, in un piccolo appartamento al decimo piano di un palazzo che ne aveva altri dieci. L'affitto era di 150 euro al mese e con le spese arrivava a 200. Quindi il rimanente restava a lui e, nonostante tutto, cercava di fare una vita decente, quando non era in fabbrica.
Aveva decorato l'appartamento in stile moderno, con pochi mobili bianchi laccati e neri opachi. Le stanze erano quattro, tutte molto piccole. In cucina ci stava giusto il lavello, il frigo e il gas con il forno. Era riuscito a farci stare anche un tavolino ripiegabile che spariva dentro ad un mobiletto. Il bagno era molto angusto e a malapena ci stava la lavatrice. Poi c'era il salottino: adibito ufficialmente a zona relax, lo utilizzava spesso come studio personale. Aveva infatti ricavato da un angolino quello spazio giusto per una scrivania: ci teneva un vecchio computer e un sacco di libri. Il resto della stanza era occupato da un divano a tre posti e un mobile per il televisore e alcuni accessori. Infine, la camera da letto: era grande quanto il salottino e dentro erano sistemati un letto matrimoniale e un piccolo armadio.
L'arredamento comunque era piuttosto scarno: Max voleva andarsene da lì, da quel postaccio, da quel lavoro insoddisfacente. Voleva trasferirsi da un'altra parte, magari comprare una casa in collina come quella dei suoi. Voleva trovarsi una ragazza e farsi una famiglia. I trent'anni li aveva superati e sentiva il bisogno di stabilirsi e realizzarsi.
Qualche volta lo andavano a trovare due colleghi di lavoro, operai anch'essi, gli unici con i quali Max aveva stretto un rapporto di amicizia che andava oltre al “Ciao, come va?” della fabbrica.
“Ciao Max”, lo salutò Eddie, uno dei suoi amici. “Hai visto che razza di tempo sta sera? Sembra che possa piovere sangue da un momento all'altro!”
“Sì, ho visto”, rispose svogliato Max. Cercava di prenderla sempre con filosofia, ma il fatto di andare al lavoro lo rendeva indisponente per le prime due ore. Senza nessun motivo, era infastidito da tutto e da tutti.
“Ehi Max”, continuò Eddie. “Dici che il signor Reynolds se la prenda se andiamo a farci una birra in centro? Non ho un cazzo di voglia di lavorare.”
“Non so.”
“Eddai, Max! Qua dentro nessuno vuole andare a lavorare. Guardati un po' attorno: vedi qualcuno felice? No! Ecco! Dai Max, andiamo a farci una birra.”
Eddie era il classico tipo che anche se soffriva non lo faceva vedere, anzi, proprio in queste occasioni cercava di fare il simpatico e pensare in positivo. Ma Max sapeva che non era così. Sapeva che in fondo, dietro a quel sorriso, si nascondeva una persona sofferente quanto lui, forse di più.
“Non so Eddie, non so”, rispose Max. Il pensiero che Eddie stava male più di lui, e nonostante questo riuscisse a sorridere, lo fece più disponibile.
“L'altro giorno, colpa di questo maledetto tram, sono arrivato un attimo in ritardo e Reynolds mi ha fatto la predica per mezz'ora. Non credo che sia una buona idea quella della birra. Ho bisogno di questo lavoro, Eddie.”
“Ma sì, anch'io! E' che non ce la faccio più di questa merda. Non reggo più la routine. Mi sta ammazzando, Max. Sto morendo dentro cazzo.”
“Lo so Eddie.”
Il tram diede una grossa frenata e tutti finirono almeno un metro più avanti.
“Tram di merda!”, disse Eddie.
“Eddie” disse Max.
“Eh?”
“Andiamo a farci questa cazzo di birra.”
“E Reynolds?”, chiese Eddie allarmato.
“Si fotta. Se mi licenzia meglio. Meglio così, Eddie.”
Eddie si fece una grossa risata e mezzo tram si volse verso di loro.
“Allora adesso aspettiamo che salga anche Burt e poi fanculo tutto, andiamo in centro!”
“Sì, andiamo in centro.”

3 commenti:

Filippo il mulo ha detto...

Bella sta cosa della frenata del tram che gli fa cambiare idea. Gli ricorda quanto è forte l'inerzia, insomma, e questa cosa gli fa paura. Bello, bello.
(Ah, comunque se c'è un posto dove puoi vivere da solo con 150 euro al mese, ci vado non subito, ieri. Non è un po' pochino?)

Deezzle ha detto...

Dici che sia poco? Beh, considera che è un miniappartamento in una zona molto periferica di una città molto grande, contornata da autostrade, ferrovie e fabbriche. Non può essere troppo alto l'affitto. Comunque, sono 150 escluse le spese :)

Filippo il mulo ha detto...

Prendiamo Milano, che è una grande città. Il bilocale (quindi meno di un mini-appartamento) dove abita Seba gli costa 800 euro al mese. Ok, è in centro: non in centrissimo però in centro. Però mi pare difficile che con cinque volte di meno ti venga un posto più grande; per quanto fuori dal centro.