lunedì 23 novembre 2009

Burano e riflessioni sui concetti di ‘stile’ e ‘fotografabile’

Ho trovato cosa scrivere. Ormai sapete che vi devo sempre aggiornare sui meeting che facciamocon il forum, quindi anche questa volta mi sento in dovere di farlo.
L’appuntamento era per ieri, domenica 22 novembre, alla stazione dei treni di Venezia. Destinazione: Burano. Come ben sappiamo, a Burano c’ero già stato in occasione di un mini-meeting a gennaio (non ho voglia di ripescare il link). Questa volta eravamo più di 10 persone (se “persone” si possono chiamare 11 fotoamatori...) e, a dispetto del brutto tempo, è stata una bella giornata, nel senso che ci siamo divertiti (almeno io). Di foto alla fine non ne ho fatte tantissime, diciamo poco meno di 290 (effettive 220, tante sono doppie), più che altro sono andato per stare in compagnia e scambiare 4 chiacchiere con altri “pazzi”.
Delle foto che ho fatto, ho cercato di concentrarmi sui particolari sta volta, e sui contrasti di colore che ci sono quella splendida isoletta. Sto giro sono riuscito a beccare pure un paio di gatti che la volta precedente mi erano sfuggiti. In ogni caso, di 220 foto penso che se ne salvino al massimo 10. Il resto è roba già vista mille volte.
E qui colgo l’occasione per fare alcune riflessioni sulla fotografia, maturate in questi mesi. Primo, ritengo molto importante, al giorno d’oggi - in cui la fotografia è diventata un fenomeno di massa -, l’aver sviluppato un proprio stile. Soprattutto quando si va in luoghi visti e fotografati da una moltitudine di persone come Burano o Venezia, l’avere un proprio stile, un proprio modo di vedere la realtà, magari azzardando inquadrature decisamente non comuni, beh, tutto questo può aiutare a portare a casa delle fotografie decisamente divertenti e non le solite “cartoline”.
Ovviamente è un pensiero mio, completamente discutibile. Per quanto riguarda lo stile, beh, si potrebbe parlare per ore di questo argomento; sono stati scritti fior fior di libri e spese un sacco di parole. Per quanto mi riguarda, penso di aver trovato in qualche modo il mio stile personale. O meglio, ho notato che non tutto lo trovo fotografabile come molti; tante volte, così come ieri, ci sono delle inquadrature che al momento attirano la mia attenzione, ma subito dopo mi rendo conto che non era quello che avevo in mente. Così inzio a girare come un deficiente attorno al soggetto, cambiando punto di vista di continuo: dall’alto, dal basso, da destra, da sinistra, di lato. Finché non trovo l’inquadratura giusta e scatto. Moltissime volte capita che, nonostante tutti i giri, non c’è il modo, per me, di fotografare quel soggetto. E non perché sia un problema di lenti, di focali o altro. Ma proprio perché, per quello che è il mio modo di vedere, non è “fotografabile”.
Ora, anche qui, sul concetto di cosa sia “fotografabile” e cosa non lo sia, bisognerebbe aprire una parentesi lunghissima. Uno potrebbe pensare che fotografabile sia tutto ciò che attira la nostra attenzione; altri invece potrebbero dire che sia la pura e semplice realtà (quindi diventerebbe tutto fotografabile). Altri ancora potrebbero affermare che fotografabile sia tutto quanto comunichi un messaggio, racconti una storia. E così via.
Io ritengo, ma ripeto che è solo il mio pensiero, che fotografabile è tutto ciò che rispecchia il mio stile e, in accordo con questo, racconti qualcosa di me. Il mio intento, quando premo il pulsante di scatto, non è l’immortalare l’istante perfetto così com’è. Tantomeno raccontare una storia con un singolo fotogramma. Questo penso sia difficilissimo e solo i più grandi fotografi possono e riescono a farlo. No, io quando scatto cerco di metterci la realtà vista attraverso i miei occhi. E questo penso sia in linea con quanto dicevo prima sulle inquadrature. Faccio un esempio pratico. A Burano, così come a Venezia, ci sono tantissimi scorci che oggettivamente sono belli (spero concordiate con me). E anche io, quando li vedo, dico “che belli questi scorci!”. Ma non metto neanche l’occhio nel mirino, perché è, appunto, una visione oggettivamente bella. Poi ci può essere il caso di uno scorcio che oggettivamente non abbia niente di interessante: un campiello chiuso, scuro, con delle case mezze rovinate ed altri elementi oggettivamente poco fotogenici. E in questo contesto potete benissimo vedermi girare a gattoni o camminare con la testa sollevata al cielo oppure, ancora, appoggiato ad un muro in una posizione improponibile e molto scomoda, nel tentativo di catturare in una fotografia una rappresentazione della mia realtà.
Insomma, sono concetti un po’ strani, lo ammetto, ma non so come dirli meglio, ma spero si sia capito il senso. Tutto questo per dire cosa? Che a mio avviso la fotografia è un’arte molto soggettiva. Secondo il mio stile, il mio gusto e la mia personalità, posso dire benissimo che una foto è “oggettivamente bella”, ma che a me non dice assolutamente niente di più di quanto non dice se la guardasse un robot. Invece posso anche dire che questa tal foto mi è piaciuta moltissimo perché effettivamente mi ha comunicato qualcosa. Magari l’autore non ha neanche immaginato che questa foto avrebbe potuto suscitare certe sensazioni. Capite? E così si potrebbe dire che in modo soggettivo la fotografia è tutto ciò che comunica emozioni in base al proprio stile, ovvero in base alla propria personalità.
Si potrebbe quindi associare il concetto di “fotografabile” alla personalità del fotografo. Si potrebbe, appunto. Non lo faccio soltanto perché è tardi, ho sonno e ho già scritto un post lunghissimo, di sicuro il più lungo dell’anno. E siccome non siete più abituati, ho anche messo in grassetto le cose più importanti!
Ovviamente le foto di Burano saranno sull’apposita pagina Flickr. Qui di sotto ecco l’allegra combriccola. Buona notte.



6 commenti:

Filippo il mulo ha detto...

Nella foto le due donne hanno il busto palesemente ruotato, sono prossemicamente distanti dal resto del gruppo e i loro sorrisi sono diversi da quelli degli altri, hanno una lievissima nota di vergogna. Ecco, non c'entra niente col tuo post, ma il vostro è un gruppo troppo patriarcale! Fate integrare le donzelle, non lo faranno certo da sole! :)

Deezzle ha detto...

Dunque, avresti ben ragione a dirlo. Ma una è la moglie di un tizio; l'altra è la moglie di un altro tizio (che quel giorno non c'era).
E poi, una di loro usava una Nikon... sarebbe stato impossibile integrarla, anche con tutta la buona volontà!
Scherzo ovviamente. Ma lascia che ti racconti questo episodio. Nella foto si vede che c'è un tizio sulla sinistra con una Nikon al collo. Anche il tizio alla sinistra ha una Nikon (non si vede perché l'aveva piazzata sulla panchina per fare la foto di gruppo). Ebbene, proprio questi due tizi nikonisti hanno capito male l'orario del vaporetto per il ritorno e così sono rimasti a Burano e hanno dovuto prendere quello dopo. Coincidenze? :P

(A dire la verità con loro c'era anche un canonista.)

Filippo il mulo ha detto...

Ah ah ah, non c'è che dire, i nikonisti sono proprio una razza inferiore :)
Scherzi a parte, ho apprezzato il tuo post. Feynman (il grande Feynman) una volta ha detto che ricercare la legge che guida un fenomeno naturale è un po' come mettersi a interpretare una mossa di scacchi durante una partita. Volevo chiederti, da ignorante: ti sembra che valga un concetto simile con la fotografia, o in generale con le arti per cui occorre glimpse? Non è che in fondo un buon fotografo isola una «mossa» della grande partita a scacchi della natura (passami la metafora) per cercare o inventare un'interpretazione che funzioni come una legge che dica «Questo è così, almeno per me»?

Filippo il mulo ha detto...

(Che tra l'altro è un modo per dire «Qui dentro ci sono io».)

Deezzle ha detto...

Fili, penso proprio di sì. In fondo, dietro alla macchina fotografica (così come dietro ad una cinepresa, ad un pennello e tela, o a qualsivoglia forma d'arte) c'è sempre una persona che la manovra. Persona, il che significa, dal mio punto di vista, che la realtà rappresentata non può essere del tutto oggettiva. In un modo o nell'altro ognuno ci mette del suo. Parlando nello specifico della fotografia, poi, posso senz'altro dire che il mio modo di affrontare un soggetto fotografico dipende molto da come lo vedo io. In sostanza sì, è un modo per dire "qui dentro ci sono io. E questa è la mia rappresentazione del mondo." O meglio "questo è come io vedo il mondo."
In conclusione penso esattamente come hai detto tu citando Dick Feynman: per quanto mi riguarda, io isolo una mossa della partita in modo che quella sia una parte della partita a cui io ho preso parte.

Filippo il mulo ha detto...

Wow, siamo arrivati proprio ad una bella conclusione!