domenica 21 ottobre 2007

Questione di variazioni

Dunque, visto che è da un po’ che mi trattengo, volevo continuare, se me lo consentite, la storia sulla QFT. In particolare oggi volevo parlarvi della quantizzazione dei campi, ovvero di come si passa dalla meccanica quantistica “classica” alla QFT. Lo farò partendo dal campo elettromagnetico e poi estenderemo tale discussione ai campi generici. Prima di addentrarci nella trattazione, vi ricordo le conclusioni alle quali eravamo arrivati fino ad oggi.
  • La meccanica quantistica è una teoria probabilistica.
  • Il Principio di Indeterminazione di Heisenberg è ben più importante della conservazione dell’energia (questo lo capiremo meglio quando parleremo delle particelle virtuali).
  • Le particelle possono essere rappresentate da una funzione, detta funzione d’onda, il cui modulo quadro fornisce la probabilità di trovare la particella in una certa posizione con una determinata energia.
  • La forza coulombiana repulsiva (attrattiva) che si esercita tra due cariche dello stesso (opposto) segno avviene tramite l’interazione mutua dei campi elettrici generati dalle due cariche.
  • Può accadere che durante un processo di diffusione venga emesso spontaneamente un fotone, violando apparentemente la conservazione dell’energia. Tale fotone si dice virtuale ed ha la proprietà di trasportare la forza da una carica all’altra (o alla stessa carica).
In base a quanto detto adesso vediamo a grandi linee come si possa quantizzare un campo. Essenzialmente l’idea fondamentale si basa sull’analogia delle equazioni di Maxwell per il campo elettromagnetico con l’equazione di d’Alambert per le onde. In particolare entrambi i tipi di fenomeni hanno un’origine “variazionale”, per così dire; ovvero si basano sui principi variazionali di Hamilton-Lagrange. Questo è un argomento un po’ intricato, anche se di una bellezza ed eleganza sconcertanti. Per comprenderlo a fondo servono concetti e nozioni matematiche che sinceramente vorrei evitare di usare per non appesantire troppo la discussione. D’altra parte, però, tali concetti sono di fondamentale importanza per la teoria quantistica dei campi che, lo ripeto, si basa sui principi primi della meccanica analitica. Quindi cercherò di farvi intuire il concetto che sta alla base del principio variazionale, rimandando qui la trattazione matematica completa.
Essenzialmente il principio variazionale non è altri che il principio di minima azione; per illustrarvelo farò l’esempio di un raggio luminoso: il principio di minima azione applicato alla luce è i principio di Fermat. Allora, il senso è questo: prendete un raggio luminoso (ad esempio quello di un laser) e sparatelo in una certa direzione. Ad esempio potete fissare un bersaglio sul muro e cercate di centrarlo con il raggio laser. Dopo qualche tentativo sono sicuro che ci riuscite e il raggio finisce esattamente dove l’avete puntato. A questo punto voi penserete (giustamente) che il raggio ha percorso la linea retta per arrivare fin là. Ma allora, vi chiedo io, perché ha proprio fatto una linea retta e non è passato, ad esempio, per la stanza di fianco? Cioè vi chiedo: c’è un motivo particolare perché i fotoni viaggiano in linea retta o è solo una coincidenza?
Ebbene esiste un motivo particolare, ovviamente, e tale motivo è il principio di Fermat: il percorso fra due punti preso da un raggio di luce è quello che è attraversato nel minor tempo. Esiste anche la versione meccanica di tale enunciato e prende il nome di principio di Maupertis: fra le varie possibilità di moto inanimato, la natura sceglie sempre il cammino più vantaggioso. Ovviamente la dimostrazione matematica non è affatto ovvia come l’intuizione ci suggerisce. Tanto meno è ovvia la versione quantistica di tale principio, che si traduce di fatto nel famoso integrale di Feynmann di cui parleremo ampiamente più avanti.
Bene, siccome credo di avervi dato abbastanza su cui pensare, rimando la quantizzazione del campo nel prossimo post.

PS: ho da poco scoperto che oggi a Treviso c'è l'OmbraLonga. E io sto a casa. Diavolo.

2 commenti:

Filippo il mulo ha detto...

Molto interessante tutto questo discorso. E' un onore per me avere studiato tutte queste cose. Penso che chi non le sappia non possa capire appieno la straordinaria bellezza e perfezione della natura: ma forse lo dico solo perché amo queste cose.
E comunque, lo ripeto, anch'io ho scoperto soltanto oggi che a Treviso c'era l'Ombralonga: e io sono qui a studiare il modello di adesione. Non è giusto.

Deezzle ha detto...

Non è affatto giusto.